lunedì 24 dicembre 2012

Natale

Non ho voglia
di tuffarmi
in un gomitolo
di strade

Ho tanta
stanchezza
sulle spalle

Lasciatemi così
come una
cosa
posata
in un
angolo
e dimenticata

Qui
non si sente
altro
che il caldo buono

Sto
con le quattro
capriole
di fumo
del focolare

Giuseppe Ungaretti
(poeta italiano, 1888 - 1970)

martedì 11 dicembre 2012

Poco mi serve

Poco mi serve.
Una crosta di pane,
un ditale di latte,
e questo cielo
e queste nuvole.

Velimir Chlebnikov
(poeta russo, 1885 – 1922)


Vedessi il volto della mia anima

Vedessi il volto della mia anima
quando ti vedo e tremo
e diventa foglia d'ascolto.
Vedessi il dito del mio cuore
che ti indica strade sconosciute.
Vedessi il mio amore
che è un tenero figlio
che cresce senza un padre.

Alda Merini
(poetessa italiana, 1931 - 2009)

venerdì 7 dicembre 2012

Un uccello azzurro


nel mio cuore c'è un uccello azzurro che
vuole uscire
ma con lui sono inflessibile,
gli dico: rimani dentro, non voglio
che qualcuno ti
veda.

nel mio cuore c'è un uccello azzurro che
vuole uscire
ma io gli verso addosso whisky e aspiro
il fumo delle sigarette
e le puttane e i baristi
e i commessi del droghiere
non sanno che
lì dentro
c'è lui

nel mio cuore c'è un uccello azzurro che
vuole uscire
ma io con lui sono inflessibile,
gli dico:
rimani giù, mi vuoi fare andar fuori
di testa?
vuoi mandare all'aria tutto il mio
lavoro?
vuoi far saltare le vendite dei miei libri in
Europa?

nel mio cuore c'è un uccello azzurro che
vuole uscire
ma io sono troppo furbo, lo lascio uscire
solo di notte qualche volta
quando dormono tutti.
gli dico: lo so che ci sei,
non essere
triste

poi lo rimetto a posto,
ma lui lì dentro un pochino
canta, mica l'ho fatto davvero
morire,
dormiamo insieme
così col nostro
patto segreto
ed è così grazioso da
far piangere
un uomo, ma io non
piango, e
voi?

Charles Bukowski
(poeta statunitense, 1920 - 1994)

Spleen

Quando il cielo basso e cupo pesa come un coperchio
sullo spirito che geme in preda a una lunga noia
e abbracciando il cerchio di tutto l'orizzonte
ci versa una luce nera più triste delle notti,

quando la terra si muta in un'umida spelonca
dove la Speranza come un pipistrello
va battendo i muri con la sua timida ala
e picchia la testa su fradici soffitti,

quando la pioggia distendendo immense strisce
imita le sbarre d'una vasta prigione
e un muto popolo di ragni infami
in fondo ai nostri cervelli tende le sue reti,

campane a un tratto scattano con furia
e lanciando verso il cielo un urlo orrendo
come spiriti erranti e senza patria
che si mettano a gemere ostinati.

- E lunghi carri funebri, senza tamburi né musica,
sfilano lenti dentro la mia anima; la Speranza,
vinta, piange, e l'Angoscia atroce, dispotica,
pianta sul mio cranio chino il suo nero vessillo.

Charles Baudelaire
(poeta francese, 1821 - 1867)

Splash

L'illusione è che tu semplicemente
stia leggendo questa poesia.
la realtà è che questa è
più di una poesia.
questo è il coltello di un accattone.
è un tulipano.
è un soldato che marcia
attraverso Madrid.
questo sei tu sul tuo
letto di morte.
questo è Li Po che ride
sottoterra.
no, non è una dannata poesia.
è un cavallo che dorme.
una farfalla dentro
il tuo cervello.
questo è il circo
del diavolo.
e non la stai leggendo
su una pagina.
è la pagina che legge
te.
la senti?
è come un cobra. è un'aquila affamata
che sorvola la stanza.
questa non è una poesia.
la poesia è barbosa,
ti fa venire
sonno.
queste parole ti incitano
a una nuova
follia.
ti ha toccato la grazia,
sei stato spinto dentro una
abbacinante regione di
luce.
adesso l'elefante
sogna insieme
a te.
la volta dello spazio
curva e ride.
adesso puoi morire.
tu puoi morire adesso come
si doveva morire da uomini:
grande,
vittorioso,
con l'orecchio alla musica,
essendo tu la musica,
che romba,
romba,
romba.

Charles Bukowski
(poeta statunitense, 1920 - 1994)

La tartaruga

Mentre, una notte, se n'annava a spasso,
la vecchia Tartaruga fece er passo
più lungo de la gamba e cascò giù
co' la casa vortata sottinsù.
Un Rospo je strillò:  "Scema che sei!
Queste so' scappatelle
che costeno la pelle...".
"Lo so:" rispose lei
"ma, prima de morì, vedo le stelle".

Trilussa
(poeta italiano, 1871 - 1950)

Autopsicografia

Il poeta è un fingitore.
Finge così completamente
che arriva a fingere che è dolore
il dolore che davvero sente.

E quanti leggono ciò che scrive,
nel dolore letto sentono proprio
non i due che egli ha provato,
ma solo quello che essi non hanno.

E così sui binari in tondo
gira, illudendo la ragione,
questo trenino a molla
che si chiama cuore.


Fernando Pessoa
(poeta portoghese, 1888 - 1935)

Serenata (Omaggio a Lope de Vega)

Lungo le rive del fiume
la notte si sta bagnando
e sui seni di Lolita
muoiono d'amore i rami.

Muoiono d'amore i rami.

La notte nuda
canta sui ponti di marzo.
Lolita lava il suo corpo
con acqua salmastra e nardi.

Muoiono d'amore i rami.

Luccica in alto sui tetti
la notte d'argento e d'anice.
Argento di rivi e specchi.
Anice di cosce candide.

Muoiono d'amore i rami.


Federico García Lorca
(poeta spagnolo, 1898 - 1936)

Siamo il tempo

Siamo il tempo. Siamo la famosa
parabola di Eraclito l'Oscuro.
Siamo l'acqua, non il diamante duro,
che si perde, non quella che riposa.
Siamo il fiume e siamo anche quel greco
che si guarda nel fiume. Il suo riflesso
muta nell'acqua del cangiante specchio,
nel cristallo che muta come il fuoco.
Noi siamo il vano fiume prefissato,
dritto al suo mare. L'ombra l'ha accerchiato.
Tutto ci disse addio, tutto svanisce.
La memoria non conia più monete.
E tuttavia qualcosa c'è che resta
E tuttavia qualcosa c'è che geme.

Jorge Luis Borges
(poeta argentino, 1899 - 1986)

Io sono l'unica

Io sono l’unica il cui destino
lingua non indaga, occhio non piange;
non ho mai causato un cupo pensiero,
né un sorriso di gioia, da quando sono nata.
Tra piaceri segreti e lacrime segrete,
questa mutevole vita mi è sfuggita,
dopo diciott’anni ancora così solitaria
come nel giorno della mia nascita.
E vi furono tempi che non posso nascondere,
tempi in cui tutto ciò era terribile,
quando la mia triste anima perse il suo orgoglio
e desiderò qualcuno che l’amasse.

Ma ciò apparteneva ai primi ardori
di sentimenti poi repressi dal dolore;
e sono morti da così lungo tempo
che stento a credere siano mai esistiti.

Prima si dissolse la speranza giovanile,
poi svanì l’arcobaleno della fantasia;
infine l’esperienza mi insegnò che mai
crebbe in un cuore mortale la verità.

Era già amaro pensare che l’umanità
fosse insincera, sterile, servile;
ma peggio fu fidarmi della mia mente
e trovarvi la stessa corruzione.

Emily Brontë
(poetessa inglese, 1818 - 1848)

Chiamò il mio cuore, una mattina chiara


Chiamò il mio cuore, una mattina chiara,
con profumo di gelsomino, il vento.

- In cambio di questo aroma,
tutto l’aroma delle tue rose voglio.
- Non ho rose; fiori
nel mio giardino non ne ho più: sono tutti morti.

Porterò via il lamento delle fonti,
le foglie gialle e i petali appassiti.
Fuggì il vento… Il mio cuore sanguinava…
Anima mia, che hai fatto al tuo povero orto?

Antonio Machado
(poeta spagnolo, 1875 – 1939)

In un prato


In un prato
io sono l'assenza
del prato.
E' sempre così.
Ovunque io sia
sono ciò che manca.
Quando cammino
fendo l'aria
e sempre l'aria rifluisce
a colmare gli spazi
in cui è stato il mio corpo.
Tutti abbiamo motivi
per muoverci.
Io mi muovo
per preservare
la compiutezza delle cose.

Mark Strand
(poeta canadese, 1934)

C'è qualcosa che non va in me

C’è qualcosa che non va in me.
Voglio soltanto vivere con l’intimo io del prossimo.
Di esso solo mi curo.
Odio vedere la quotidianità della gente,
le loro maschere, le loro falsità, la loro resa al mondo,
la loro somiglianza agli altri, la loro promiscuità.
A me importa solo l’io segreto.
Cerco soltanto il sogno e l’isolamento.
Ho paura che ognuno parta, vada via,
che l’amore muoia in un istante.
Guardo la gente che cammina per la strada,
che cammina e nient’altro, ed è questo che sento:
camminano, ma vengono anche trascinati via.
Sono parte di una corrente.

Anais Nin
(poetessa statunitense, 1903 - 1977)

giovedì 29 novembre 2012

Beati coloro che hanno due fedi al dito


Beati coloro che hanno due fedi al dito:
una quella degli sponsali, l’altra, quella dell’arte.
Beati coloro
che si baceranno sempre al di là delle labbra,
varcando il confine del piacere,
per cibarsi dei sogni.

Alda Merini
(poetessa italiana, 1931 - 2009)

…Al mio amante che torna da sua moglie


Lei è tutta là.
Per te con maestria fu fusa e fu colata,
per te forgiata fin dalla tua infanzia,
con le tue cento biglie predilette fu costrutta.

Lei è sempre stata là, mio caro.
Infatti è deliziosa.
Fuochi d'artificio in un febbraio uggioso
e concreta come pentola di ghisa.

Diciamocelo, sono stata di passaggio.
Un lusso. Una scialuppa rosso fuoco nella cala.
Mi svolazzano i capelli dal finestrino.
Son fumo, cozze fuori stagione.

Lei è molto di più. Lei ti è dovuta,
t'incrementa le crescite usuali e tropicali.
Questo non è un esperimento. Lei è tutta armonia.
S'occupa lei dei remi e degli scalmi del canotto,

ha messo fiorellini sul davanzale a colazione,
s'è seduta a tornire stoviglie a mezzogiorno,
ha esposto tre bambini al plenilunio,
tre puttini disegnati da Michelangelo,

l'ha fatto a gambe spalancate
nei mesi faticosi alla cappella.
Se dai un'occhiata, i bambini sono lassù
sospesi alla volta come delicati palloncini.

Lei li ha anche portati a nanna dopo cena,
e loro tutt'e tre a testa bassa,
piccati sulle gambette, lamentosi e riluttanti,
e la sua faccia avvampa neniando il loro
poco sonno.
Ti restituisco il cuore.
Ti do libero accesso:

al fusibile che in lei rabbiosamente pulsa,
alla cagna che in lei tramesta nella sozzura,
e alla sua ferita sepolta
- alla sepoltura viva della sua piccola ferita rossa -

al pallido bagliore tremolante sotto le costole,
al marinaio sbronzo in aspettativa nel polso
sinistro,
alle sue ginocchia materne, alle calze,
alla giarrettiera - per il richiamo -

lo strano richiamo
quando annaspi tra braccia e poppe
e dai uno strattone al suo nastro arancione
rispondendo al richiamo, lo strano richiamo.

Lei è così nuda, è unica.
È la somma di te e dei tuoi sogni.
Montala come un monumento, gradino per gradino.
lei è solida.

Quanto a me, io sono un acquerello.
Mi dissolvo.


Anne Sexton
(poetessa statunitense, 1928 - 1974)

Prosa o poesia?

“A me è successo questo: non sono riuscito a fare finta di niente, non volevo, in fondo. Non potevo far altro che cercare di portarti con me, dal profondo, per egoismo quasi, per farmi stare bene. Anche se sapevo di non potere. Anche se era rischioso. Anche se tu non vuoi, anche se, infine, la tua felicità non dipende da me. E non posso fare a meno di chiedertelo di nuovo. Solo per essere sicuro…Verresti?” (Italo Calvino)
 
“Quando sei nato, stavi piangendo e tutti intorno a te sorridevano.
Vivi la tua vita in modo che quando morirai, tu sia l’unico a sorridere ed ognuno intorno a te pianga”. (Paulo Coelho)

“Gli Dei hanno dato agli uomini due orecchie e una bocca per poter ascoltare il doppio e parlare la metà”. (Talete)

“Tutti abbiamo bisogno di qualcuno che ci guardi. A seconda del tipo di sguardo sotto il quale vogliamo vivere, potremmo essere suddivisi in quattro categorie. La prima categoria desidera lo sguardo di un numero infinito di occhi anonimi: in altri termini, desidera lo sguardo di un pubblico. La seconda categoria è composta da quelli che per vivere hanno bisogno dello sguardo di molti occhi a loro conosciuti. C'è poi la terza categoria, la categoria di quelli che hanno bisogno di essere davanti agli occhi della persona amata. E c'è infine una quarta categoria, la più rara, quella di coloro che vivono sotto lo sguardo immaginario di persone assenti. Sono i sognatori”. (Milan Kundera)

“Appartengo alla minoranza silenziosa. Sono di quei pochi che non hanno più nulla da dire e aspettano. Che cosa? Che tutto si chiarisca? L’età mi ha portato la certezza che niente si può chiarire: in questo paese che amo non esiste semplicemente la verità. Paesi molto più piccoli e importanti del nostro hanno una loro verità, noi ne abbiamo infinite versioni”. (Ennio Flaiano)

“A cento anni ho perso un po’ la vista, molto l’udito. Alle conferenze non vedo le proiezioni e non sento bene. Ma penso più adesso di quando avevo vent’anni. Il corpo faccia quello che vuole. Io non sono il corpo: io sono la mente”. (Rita Levi Montalcini)

“Guarda la luce, e l'ombra ti cadrà alla spalle”. (Rita Levi Montalcini)

"«Mai più!» diceva imperiosa la sua volontà. «Domani ancora!» supplicava il cuore singhiozzante”. (Hermann Hesse)

"Il senso dell'identità si fonda sull'odio, sull'odio per chi non è identico. Bisogna coltivare l'odio come passione civile. Il nemico è l'amico dei popoli. Ci vuole sempre qualcuno da odiare per sentirsi giustificati nella propria miseria. L'odio è la vera passione primordiale. È l'amore che è una situazione anomala. Per questo Cristo è stato ucciso: parlava contro natura. Non si ama qualcuno per tutta la vita, da questa speranza impossibile nascono adulterio, matricidio, tradimento dell'amico... Invece si può odiare qualcuno per tutta la vita. Purché sia sempre là a rinfocolare il nostro odio. L'odio riscalda il cuore". (Umberto Eco)

“La cultura è l’unico bene dell’umanità che, diviso fra tutti, anziché diminuire diventa più grande”. (Hans-Georg Gadamer)

"Tu sarai amato il giorno in cui potrai mostrare la tua debolezza senza che l'altro se ne serva per affermare la sua forza". (Cesare Pavese)


È quel che è


È assurdo
dice la ragione.
È quel che è
dice l'amore.
È infelicità
dice il calcolo.
Non è altro che dolore
dice la paura.
È vano
dice il giudizio.
È quel che è
dice l'amore.
È ridicolo
dice l'orgoglio.
È avventato
dice la prudenza.
È impossibile
dice l'esperienza.
È quel che è
dice l'amore.

Erich Fried
(poeta austriaco, 1921 - 1988) 


Canzone d'autunno















I singhiozzi lunghi
dei violini d'autunno

mi feriscono il cuore
con languore
monotono.

Ansimante
e smorto, quando

l'ora rintocca,
io mi ricordo 

dei giorni antichi
e piango; 

e me ne vado
nel vento ostile 

che mi trascina
di qua e di là 

come la foglia
morta.

Paul Verlaine
(poeta francese, 1844 - 1896)

Se un'anima


Se un'anima è nata con le ali,
cos'è per lei il palazzo e cos'è e la capanna!
Cos'è Gengis Khan per lei - e cos'è - l'Orda!
due nemici ho io a questo mondo,
due gemelli - indissolubilmente fusi:
la fame degli affamati - e la sazietà dei sazi.


Marina Ivanovna Cvetaeva
(poetessa russa, 1892 - 1941)

mercoledì 21 novembre 2012

Da "Le città invisibili"


L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.


Italo Calvino
(scrittore italiano, 1923 – 1985)


Vieni


Vieni
inseguimi tra i cunicoli della mia mente
tastando al buio
gli spigoli acuti delle mie paure.
Trovami nell’angolo più nero
osservami.
Raccoglimi dolcemente
scrollando la polvere dai miei vestiti.
Io ti seguirò.
Dovunque.

Saffo
(poetessa greca, VII – VI secolo a.C.)

Poesia in musica





A Lucio Dalla

Avevo una sudicia vergogna
amico,
una sudicia vergogna, credo.
Mi girava intorno
e mi chiamava
rapinatrice d’amore.
Avevo una vergogna nera,
pareva sangue coagulato
un misticismo di dolore.
Quest’uomo, Lucio,
embrione della galera
batteva le cervici contro il freddo
e il conte Ugolino.
Credimi Dalla,
nessuno ha creduto al mio folle
disegno di sbranargli la bocca.

Alda Merini
(poetessa italiana, 1931 – 2009)

Walking through Spoon River




Sarah Brown
Non piangere, Maurice, io non sono
Qui, sotto questo pino. La balsamica
Aria di primavera fruscia
Fra l’erba profumata, brillano le stelle,
Il succiacapre canta, solo tu
Sei triste, mentre giace la mia anima
Rapita nel Nirvana benedetto
Dell’eterno splendore!
Vai da quel cuore d’oro che è il mio sposo,
Che si rode su quello che lui chiama
Il nostro amore colpevole –
E digli che l’amore mio per te,
Non meno dell’amore mio per lui,
Esaurì il mio destino – digli che
Attraverso la carne io raggiunsi
Lo spirito, e attraverso lo spirito la pace.
Non c’è matrimonio in cielo, ma c’è amore.


Knowlt Hoheimer
Io fui il primo frutto della battaglia di Missionary Ridge.
Quando sentii la pallottola entrarmi nel cuore
desiderai di essere rimasto a casa e finito in prigione
per il furto dei porci di Curl Trenary,
invece di fuggire e di arruolarmi.
Mille volte meglio la galera della contea
che giacere sotto questa figura di marmo con le ali,
e questo piedistallo di granito
che ha incise le parole, "Pro Patria".
Tanto, che vogliono dire?


Dorcas Gustine
Non ero amata dagli abitanti del villaggio,
e tutto perchè parlavo chiaro,
e affrontavo quelli che mi offendevano
con palese rimostranza, non nascondendo né nutrendo
segreti dolori e risentimenti.
Quell’atto del ragazzo spartano è molto elogiato,
che nascose il lupo sotto il suo mantello,
lasciandosi divorare, senza una protesta.
Più coraggioso, io credo, è strapparsi il lupo di dosso
e combatterlo apertamente, anche per la strada,
tra polvere e urla di dolore.
E la lingua può essere un membro senza disciplina -
ma il silenzio avvelena l’anima.
Condannatemi se volete – io sono soddisfatta


Alexander Throckmorton
Da giovane le mie ali erano forti e instancabili
ma non conoscevo le montagne.
Da vecchio conoscevo le montagne,
ma le mie ali stanche non potevano seguire la visione –
Il genio è saggezza e gioventù.


Minerva Jones
Io sono Minerva, la poetessa del villaggio,
fischiata, schernita dagli screanzati della strada
per il mio corpo pesante, l’occhio storto e il passo rotolante,
e ancora peggio quando “Butch” Weldy
mi prese dopo una caccia brutale.
Mi lasciò al mio destino con il Dottor Meyers;
e io affondai nella morte, intirizzita dai piedi in su,
come chi scenda sempre più profondo in un torrente, ghiacciato.
C’è qualcuno che vuole andare al giornale del paese,
e raccogliere in un libro i versi che scrissi? –
Avevo tanta sete d’amore!
Tanta fame di vita!


Pauline Barret
Quasi la larva di una donna dopo il coltello del chirurgo!
E quasi un anno per strisciare incontro alla forza
fino a che l'alba del nostro decimo anniversario
mi trovò tornata all'antica sembianza.
Passeggiammo insieme nella foresta,
per un sentiero di muschio silente e d'erba.
Ma non potevo guardarti negli occhi,
e tu non potevi guardare nei miei,
così grande era il nostro dolore –
il primo grigio nei tuoi capelli,
e io solo una larva di me stessa.
Di che cosa parlammo? - cielo e acqua
qualunque cosa, pur di nascondere i nostri pensieri.
E poi il tuo dono di rose di selva,
poste sul tavolo per dar grazia alla cena.
Povero caro, con quanto coraggio lottasti
per immaginare e vivere un rapimento nella memoria!
Poi il mio spirito si depresse con l'avanzar della notte,
e tu mi lasciasti sola per un po' nella mia stanza,
come facevi quando ero sposa, povero caro.
E io guardai nello specchio e qualcosa disse:
"Si dovrebbe esser morti del tutto quando si è morti a metà –
mai burlare la vita, mai truffare l'amore."
E io lo feci guardando nello specchio –
Caro, hai mai capito?


Aner Clute
Tante di quelle volte mi chiedevano,
mentre mi pagavano birra o vino,
prima a Peoria, e poi a Chicago,
Denver, San Francisco, New York, dovunque vissi,
perché mai facessi la vita,
e come avessi cominciato.
Beh, gli dicevo, per un abito di seta,
e la promessa di sposarmi di un riccone –
(era Lucius Atherton).
Ma non era affatto così.
Immaginate che un ragazzo rubi una mela
da un cesto del droghiere,
e comincino tutti a chiamarlo ladro,
il redattore, il prete, il giudice, e tutti gli altri –
“un ladro”, “un ladro”, “un ladro”, ovunque vada.
E non gli danno lavoro, né può mangiare pane
senza rubarlo; ebbene quel ragazzo ruberà.
È come la gente vede il furto della mela
che fa il ragazzo ladro.


George Gray
Molte volte ho studiato
la lapide che mi hanno scolpito:
una barca con vele ammainate, in un porto.
In realtà non ritrae la mia destinazione
ma la mia vita.
Perché l’amore mi si offrì e io mi ritrassi dal suo inganno;
il dolore bussò alla mia porta, e io ebbi paura;
l’ambizione mi chiamò, e io temetti gli imprevisti.
Malgrado tutto avevo fame di un significato nella vita.
E adesso so che bisogna alzare le vele
e prendere i venti del destino,
dovunque spingano la barca.
Dare un senso alla vita può condurre a follia
ma una vita senza senso è la tortura
dell’inquietudine e del desiderio vago -
è una barca che anela il mare eppur lo teme.


Francis Turner
Non potevo correre o giocare
da ragazzo.
Da uomo potevo solo sorseggiare dalla coppa,
non bere -
perchè la scarlattina mi aveva lasciato il cuore malato.
Ora giaccio qui
confortato da un segreto che nessuno tranne Mary conosce:
c'è un giardino di acacie,
di catalpe, e di pergole dolci di viti -
là quel pomeriggio di giugno
al fianco di Mary -
baciandola con l'anima sulle labbra
d’un tratto questa mi fuggì.


Lyman King
Forse pensi, viandante, che il Destino
sia un abisso fuori di te stesso
che puoi schivare usando
previdenza e saggezza.
Così puoi credere osservando la vita degli altri
come chi, alla maniera di Dio, si piega su un formicaio
pensando di sapere come evitare le sue difficoltà.
Ma entra nella vita:
e vedrai che il Destino col tempo
ti si avvicina nella forma della tua stessa immagine allo specchio:
o mentre siedi al focolare, solo,
d'improvviso la sedia accanto a te avrà un ospite,
e tu conoscerai quest'ospite,
e leggerai l’autentico messaggio nei suoi occhi.


Columbus Cheney
Questo salice piangente!
Perchè non ne piantate qualcuno
per i milioni di bambini non ancora nati,
così come per noi?
Non sono forse inesistenti, o cellule addormentate
senza cervello?
O giungono alla terra, squarciando
col loro nascere la memoria di un'esistenza precedente?
Rispondete! Il campo dell'intuizione inesplorata è vostro.
Ma comunque perchè non piantare salici per loro,
così come per noi?


William Goode
A tutto il villaggio pareva, senza dubbio
ch'io andassi qua e là, senza scopo.
Ma qui presso il fiume potete vedere al crepuscolo
i pipistrelli dalle morbide ali volare a zig-zag qua e là -
devono volare così per afferrare il cibo.
E se avete mai perduto la strada, di notte,
nel bosco profondo vicino al Guado di Miller,
e imboccato una strada e poi l'altra,
ovunque la luce della Via Lattea scintillasse,
tentando di trovare il sentiero,
dovreste capire ch'io cercavo la strada
con lo zelo più serio, e che tutto il mio errare
fu un errare nella ricerca.


Mrs. Sibley
Il segreto delle stelle: la gravitazione.
Il segreto della terra: strati di roccia.
Il segreto del suolo: ricevere il seme.
Il segreto del seme: il germe.
Il segreto dell'uomo: la semenza.
Il segreto della donna: il suolo.
Il mio segreto: sotto un tumulo che non scoprirete mai.


Seth Compton
Quando fui morto, la biblioteca circolante
che avevo costruito per Spoon River,
e diressi per il bene di menti indagatrici,
fu venduta all'asta sulla pubblica piazza,
come per distruggere l'ultima vestigia
della mia memoria e della mia influenza.
Poiché quelli di voi che non vedevano la virtù
di conoscere le Rovine di Volney come l'Analogia di Butler
e Faust come pure Evangelina, erano i veri potenti nel villaggio,
e spesso mi chiedevano:
"A che serve conoscere il male nel mondo?"
Mi sono tolto di mezzo, ora, Spoon River,
scegli il tuo bene e chiamalo tale.
Perché non riuscii mai a farti capire
che nessuno sa che cosa è il bene
se non sa che cosa è il male;
e nessuno sa che cosa è vero
se non sa cosa è falso.


Scholfield Hurley
Dio! non chiedermi di elencare le tue meraviglie.
Ammetto le stelle e i soli
e i mondi innumerevoli.
Ma io ho misurato le loro distanze,
e li ho pesati e ho scoperto le loro sostanze.
Ho inventato ali per l'aria,
e chiglie per l'acqua,
e cavalli di ferro per la terra.
Ho esteso la visione che mi hai dato, un milione di volte,
e l'udito che mi hai dato, un milione di volte,
ho valicato lo spazio con la parola,
e preso dall'aria il fuoco per avere la luce.
Ho costruito grandi città e perforato colline,
lanciato ponti su acque maestose.
Ho scritto l'Iliade e Amleto;
e ho esplorato i tuoi misteri,
e ti ho cercato senza posa,
e ti ho ritrovato dopo averti perso
in ore di stanchezza –
E io ti chiedo:
ti piacerebbe creare un sole
e l'indomani avere i vermi
brulicarti fra le dita?


Faith Matheny
Da principio non saprete che cosa significano,
e potrete non saperlo mai,
e forse non potremo mai dirvelo:
questi improvvisi bagliori nell'anima,
come lampi lucenti su nevose nubi
a mezzanotte quando la luna è piena.
Vengono in solitudine, o forse
siete seduti col vostro amico, e d'improvviso
un silenzio cade sulle parole, e i suoi occhi
senza un guizzo s'irradiano a guardarvi:
voi due avete visto il segreto insieme,
lui lo vede in voi, e voi in lui.
E là sedete, palpitanti, per timore che il Mistero
s'innalzi di fronte e vi colpisca a morte
con uno splendore come quello del sole.
Siate coraggiose, anime che avete simili visioni!
Mentre il vostro corpo è vivo come il mio è morto,
voi avete colto un piccolo alito dell'etere
riservato a Dio stesso.


Edgard Lee Masters
(poeta statunitense, 1868 - 1950)

domenica 18 novembre 2012

Rome unvisited



[...]
O beata signora, che pur sempre
mantieni il regno dei tuoi sette colli!
O madre senza macchia né vergogna,
coronata di serti d'oro triplo.

O Roma, Roma, ai tuoi piedi io depongo
il misero dono del mio canto!
[...]

Oscar Wilde
(poeta irlandese, 1854 - 1900)

Solitudine di due miliardi di anni luce

Sul piccolo globo esseri umani
dormono si alzano, lavorano
talvolta desiderano avere dei compagni su Marte

I marziani sul loro piccolo globo
non so cosa fanno
(forse dormicchiano, si alzicchiano, lavoricchiano?)
Talvolta desiderano avere dei compagni sulla Terra.
Questo è assolutamente sicuro.

Gravitazione universale vuol dire
forza d’attrazione della reciproca solitudine

Il cosmo è deformato
quindi tutti desiderano cercarsi.

L’universo si espande sempre di più
perciò tutti sono incerti.

Alla solitudine di due miliardi di anni luce
Inconsciamente ho fatto uno starnuto.

Shuntaro Tanikawa
(poeta giapponese, 1931)

Le poesie delle donne



“Le poesie delle donne sono spesso
piatte, ingenue, realistiche e ossessive”,
mi dice un critico gentile dagli occhi a palla.
“ Mancano di leggerezza, di fumo, di vanità,
sono tutte d’un pezzo come dei tubi,
non c’è garbo, scioltezza, estro;
sono prive dell’intelligenza maliziosa
dell’artificio, insomma non raggiungono
quell’aria da pomeriggio limpido dopo la pioggia.”

Forse è vero, gli dico. Ma tu non sai
cosa vuol dire essere donna. Dovresti
provare una volta per piacere anche se
è proibito dal tuo sesso di pane e ferro.
Ride, strabuzza gli occhi. “A me non importa
se sia donna o meno. Voglio vedere i risultati
poetici. C’è chi riesce a fare la ciambella
con il buco. Se è donna o uomo cosa cambia?”

Cambia, amico dagli occhi verdi, cambia;
perché una donna non può fare finta
di non essere donna. Ed essere donna
significa conoscere la propria soggezione,
significa vivere e respirare la degradazione
e il disprezzo di sé che si può superare
solo con fatiche dolorose e lagrime nere.

E’ per questo che tante si rifugiano
nella passività, nell’ordine costituito,
perché hanno paura di quella fatica e
di quelle lagrime che sono necessarie per
riscattare la propria umanità perduta
come un dente di latte, chissà quando,
nel processo sibillino della crescita sociale.

Una mattina un padre generoso ha
legato il tuo dente al pomello della porta
che poi ha spalancato con un calcio e
addio dente di miele che ti faceva bambina
e ancora inconsapevole del ruolo pacato
e gelido che ti aspetta ora come un
cappotto fiorato appeso nell’ingresso e
se vai fuori devi indossarlo se no
rischi di morire assiderata e pesta.

Una donna che scrive poesie e sa di
essere donna, non può che tenersi attaccata
stretta ai contenuti perché la sofisticazione
delle forme è una cosa che riguarda il potere
e il potere che ha la donna è sempre un
non-potere, una eredità scottante e mai del tutto sua.

La sua voce sarà forse dura e terragna
ma è la voce di una leonessa che è stata
tenuta pecora per troppo tempo assennato.
E’ una voce fiacca, grezza e mutilata
che viene da lontano, da fuori della
storia, dall’inferno degli sfruttati.
Un inferno che non migliora la gente
come si crede, ma la rende pigra,
malata e nemica di se stessa.


Dacia Maraini
(poetessa italiana, 1936)

Fuori posto




















Brucia all'inferno
questa parte di me che non si trova bene in nessun posto
mentre le altre persone trovano cose
da fare
nel tempo che hanno
posti dove andare
insieme
cose da
dirsi.

Io sto
bruciando all'inferno
da qualche parte nel nord del Messico.
Qui i fiori non crescono.

Non sono come
gli altri
gli altri sono come
gli altri.

Si assomigliano tutti:
si riuniscono
si ritrovano
si accalcano
sono
allegri e soddisfatti
e io sto
bruciando all'inferno.

Il mio cuore ha mille anni.
Non sono come
gli altri.
Morirei nei loro prati da picnic
soffocato dalle loro bandiere
indebolito dalle loro canzoni
non amato dai loro soldati
trafitto dal loro umorismo
assassinato dalle loro preoccupazioni.

Non sono come
gli altri.
Io sto
bruciando all'inferno.

L'inferno di
me stesso.

Charles Bukowski
(poeta statunitense, 1920 – 1994)

Ho sceso dandoti il braccio


Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
E ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
Le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.

Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
Non già perché con quattr'occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
Le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.
 
Eugenio Montale
(poeta italiano, 1896 – 1981)

In ascensore fino al cielo



Come dicono i pompieri,
non prendete mai camere oltre
il quinto piano
negli hotel di New York:
ci sono scale che vanno più su
ma nessuno ci salirebbe.
Come dice il "New York Times",
l'ascensore cerca sempre da sé
il piano in fiamme
e si apre automaticamente
e non si chiude più.
Sono questi gli avvisi
che dovete dimenticare
se volete uscire da voi stessi
fino a catapultarvi in cielo.

Sono andata spesso oltre
il quinto piano
salendo a manovella,
ma solo una volta
andai fino in cima.
Sessantesimo piano:
cigni e pianticelle piegati
verso la propria tomba.
Duecentesimo piano:
montagne con la pazienza di un gatto,
il silenzio in scarpe da tennis.
Cinquecentesimo piano:
messaggi e lettere millenari,
uccelli da bere,
una cucina di nuvole.
Seicentesimo piano:
le stelle,
scheletri in fiamme
con le braccia che cantano.
E una chiave,
una chiave enorme,
che apre qualcosa
(qualche utile uscio)
da qualche parte,
lassù.

Anne Sexton
(poetessa statunitense, 1928 - 1974) 

Fiori


Ci sono uomini che non ci pensano mai.
Ma tu sì. Tu arrivavi
e mi dicevi che avresti voluto comprarmi dei fiori
ma poi qualcosa era andato storto.

Il negozio era chiuso. O avevi dei dubbi.
Quel genere di dubbi che si affacciano alle mente di gente come noi.
O avevi pensato
che io non volessi i tuoi fiori.

Io a quel punto sorridevo. E ti abbracciavo.
Sorrido ancora adesso.
Perché vedi, quei fiori che non mi hai mai portato
durano ancora.

Wendy Cope
(poetessa inglese, 1945)

Alle fronde dei salici


E come potevano noi cantare
Con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.

Salvatore Quasimodo
(poeta italiano, 1901 – 1968)

Ormai non sarà


Ormai non sarà
ormai no
non vivremo uniti
non alleverò tuo figlio
non cucirò i tuoi vestiti
non ti possederò di notte
non ti bacerò prima di uscire.
Non saprai mai chi sono stata
perchè altri mi amarono.
Non riuscirò mai a sapere perché né come
né se era vero
quello che dicesti che era
né chi sei stato
né cosa sono stata per te
né come sarebbe stato
vivere uniti
amarci
aspettarci
rimanere.
Ormai non sono altro che io
per sempre e tu ormai
per me non sarai che tu. Ormai non sei
in un giorno futuro
non saprò dove vivi
con chi
né se ti ricordi.
Non mi abbraccerai mai
come questa notte
mai.
Non potrò più toccarti.
Non ti vedrò morire.

Idea Vilariño
(poetessa uruguaiana, 1920 - 2009)


L'altra città


Esistono molte solitudini intersecate - dice - sopra e sotto
ed altre in mezzo; diverse o simili, ineluttabili, imposte
o come scelte, come libere - intersecate sempre.
Ma nel profondo, in centro, esiste l'unica solitudine - dice;
una città sorda, quasi sferica, senza alcuna
insegna luminosa colorata, senza negozi, motociclette,
con una luce bianca, vuota, caliginosa, interrotta
da bagliori di segnali sconosciuti. In questa città
da anni dimorano i poeti. Camminano senza far rumore, con le mani conserte,
ricordano vagamente fatti dimenticati, parole, paesaggi,
questi consolatori del mondo, i sempre sconsolati, braccati
dai cani, dagli uomini, dalle tarme, dai topi, dalle stelle,
inseguiti dalle loro stesse parole, dette o non dette.
  
Yiannis Ritsos
(poeta greco, 1909 - 1990)

Secondo congedo

O mio cuore dal nascere in due scisso
quante pene durai per uno farne!
quante rose a nascondere l’abisso!


Umberto Saba
(poeta italiano, 1883 - 1957)

Brutte abitudini

Diceva che l'amore assomiglia al gioco
E che lei perde sempre
Diceva che era una brutta abitudine
Che non si azzardava a curare.

Diceva di temere la luce
Nonostante avesse sacrificato molte notti
Si accontentava della sua solitudine
Non curava le amicizie
Ma cadeva dalla sua nube
Ogni volta che la pioggia la conduceva a terra.

Diceva che la sua gioventù era invano
Di essere dolce suo malgrado
Ma poi si mostrava crudele
Perché la tenerezza è come l'amore
Una brutta abitudine
Ed anche quel silenzio
Di cui non potrà mai fare a meno.

Diceva di essere una donna lassa
Inadatta al sonno
Ma dormiva per diventare un embrione
E sprofondare negli abissi,
Una donna esaurita
Svuotata ogni giorno dai suoi vizi
Ma che non voleva guarire.

Diceva di essere una perdente di natura
Perdente per meritare la vittoria
Diceva infine che la vita è una brutta abitudine
Dalla quale forse non guarirà
Con un po' di determinazione
E molto oblio.

Joumana Haddad

(poetessa libanese, 1970)