mercoledì 4 dicembre 2013

...

Io non sono io
sono colui che cammina accanto a me
senza che io lo veda,
che, a volte, sto per vedere,
e che, a volte, dimentico.
Colui che tace, sereno, quando parlo,
colui che perdona, dolce, quando odio,
colui che passeggia là dove non sono,
colui che resterà qui quando morirò.

Juan Ram
ón Jiménez
(poeta spagnolo, 1881 - 1958)

sabato 23 novembre 2013

Io sono come la lupa

Io sono come la lupa, me ne vado sola e rido
dovunque sia, poichè ho una mano
che sa lavorare e un cervello sano.

Chi mi può seguire venga con me,
ma io me ne sto ritta, di fronte al nemico,
la vita, e non temo il suo impeto fatale
perchè ho sempre un pugnale pronto in mano.

Il figlio e dopo io e dopo...quel che sia!
Quel che prima mi chiami alla lotta.
Talvolta l'illusione di un bocciolo d'amore
che so sciupare prima ancora che diventi fiore.

Alfonsina Storni
(poetessa argentina, 1892 – 1938)

lunedì 18 novembre 2013

...

Il suo sperma bevuto dalle mie labbra
era la comunione con la terra.
Bevevo con la mia magnifica
esultanza
guardando i suoi occhi neri
che fuggivano come gazzelle.
E mai coltre fu più calda e lontana
e mai fu più feroce
il piacere dentro la carne.
Ci spezzavamo in due
come il timone di una nave
che si era aperta per un lungo viaggio.
Avevamo con noi i viveri
per molti anni ancora
i baci e le speranze
e non credevamo più in Dio
perché eravamo felici.

Alda Merini
(poetessa italiana, 1931 – 2009)

mercoledì 13 novembre 2013

Orgoglio

Non ho tempo di dare a tutti prova
delle mie grandi insolite virtù,
chi ha occhi per vedere, veda.
Altrimenti, avrò occhi ignoti ai più.

C’è chi, incontrandomi, ha detto:
“Benvenuta nella mia vita, meraviglia!”.
C’è che di dirlo non aveva voglia
e sono andata via, verso le vette.

Il tempo è ratto. Mi resta qualche dono
di pregio – e cerco sotto le stelle destinatari.
Forse li cercherò invano;
e come i faraoni mi seppellirò
                                                        con i miei averi.

Nina Cassian
(poetessa romena, 1924)

Cedere il posto agli anziani e agli ammalati

Viaggiavo in piedi
eppure nessuno mi offrì il posto
anche se ero di almeno mille anni più anziana,
anche se portavo, ben visibili, i segni
di almeno tre gravi malanni:
Orgoglio, Solitudine e Arte.

Nina Cassian
(poetessa romena, 1924)

giovedì 7 novembre 2013

Il poeta

[…]

3

Che cosa dunque devo fare, io cieco e figliastro,
in un mondo dove chiunque ha un padre e ci vede,
dove su anatemi come su terrapieni - stanno
le passioni! Dove un raffreddore
è chiamato - pianto!

Che cosa dunque devo fare, essendo costola e industria
del canto! - Come un congedo! Abbronzatura! Siberia!
Attraverso le mie ossessioni - come attraverso un ponte!
Con la loro imponderabilità in un mondo di pesi.

Che cosa dunque devo fare, io cantore e primogenito,
in un mondo dove il più nero è grigio!
Dove conservano l'ispirazione come in un thermos!
Con questa smisuratezza in un mondo di misure?!

Marina Cvetaeva
(poetessa russa, 1892 – 1941)

Non piangere

Non piangere quando ti sveglierai,
non spezzare l’incanto dei fiori
con i petali morbidi
e le montagne d’estate
e il mio cuore sempre innamorato.
Non spezzare nulla di questo sogno.
Io sono con te
in ogni maledetto istante
che ci vuole dividere
e non ci riesce.

Alda Merini
(poetessa italiana, 1931 – 2009)

mercoledì 23 ottobre 2013

Sandro Penna

Forse la giovinezza è solo questo
perenne amare i sensi e non pentirsi.


Forse l’ispirazione è solo un urlo
confuso. Ma entro le colonne della
legge, ridendo si masturba ogni fanciullo.


Appoggio la mia fronte alla ringhiera
gelida del cancello. La mia notte
ascolta dileguare ogni fanciullo.


Arso completamente dalla vita
io vivo in essa felice e dissolto.
La mia pena d’amore non ascolto
più di quanto non curi la ferita.


Forse è meglio soffrire che godere.
O forse tutto è uguale. Anche la neve
è più bella del sole. Ma l’amore…

Sandro Penna
(poeta italiano, 1906 - 1977)

Le osterie

A me piacciono gli anfratti bui
delle osterie dormienti,
dove la gente culmina nell’eccesso del canto,
a me piacciono le cose bestemmiate e leggere,
e i calici di vino profondi,
dove la mente esulta,
livello di magico pensiero.
Troppo sciocco è piangere sopra un amore perduto
malvissuto e scostante,
meglio l’acre vapore del vino
indenne,
meglio l’ubriacatura del genio,
meglio sì meglio
l’indagine sorda delle scorrevolezze di vite;
io amo le osterie
che parlano il linguaggio sottile della lingua di Bacco,
e poi nelle osterie
ci sta il nome di Charles
scritto a caratteri d’oro.

Alda Merini
(poetessa italiana, 1931 - 2009)

Roma 1989

È avventizio il mio essere reale.
Sleale è insistere su chi sono io.
Il punto di partenza è scontato
l’arrivo è certo nello stato
attuale: morte come sostanza
o strato finale di un cuore malato.

Oh, vorrei rinascere, ritornare indietro
ma non posso. Troppo ho peccato
di peccati non miei, attribuiti
a posteri, mancati inganni.
Cerco amori nuovi, violente sere.
Perdono chiedo a chi non amai.
Forse verrò domani ad un prato
verde, – e non sarò più solo.

Dario Bellezza
(poeta italiano, 1944 - 1996)

Amore in manicomio


Un'estranea è venuta
A spartire con me la mia stanza nella casa lunatica,
Una ragazza folle come gli uccelli

Che spranga la notte della porta col suo braccio di piuma.
Stretta nel letto delirante
Elude la casa a prova di cielo con nubi invadenti

E la stanza da incubi elude col suo passeggiare
Su e giù come i morti,
O cavalca gli oceani immaginati delle corsie maschili.

Venne da me invasata,
Colei che fa entrare dal muro rimbalzante l'ingannevole luce,
Invasata dal cielo

Dorme nel truogolo stretto e tuttavia cammina sulla polvere
E a piacer suo vaneggia
Sopra l'assito del manicomio consumato dai passi del mio pianto.

E rapito alla fine (cara fine) nelle sue braccia dalla luce
Io posso senza timore
Sopportare la prima visione che diede fuoco alle stelle.

Dylan Thomas
(poeta gallese, 1914 - 1953)

Magra dagli occhi lustri

Magra dagli occhi lustri, dai pomelli
accesi,
la mia anima torbida che cerca
chi le somigli
trova te che sull’uscio aspetti gli uomini.

Tu sei la mia sorella di quest’ora.

Accompagnarti in qualche trattoria
di bassoporto
e guardarti mangiare avidamente!
E coricarmi senza desiderio
nel tuo letto!
Cadavere vicino ad un cadavere
bere dalla tua vista l’amarezza
come la spugna secca beve l’acqua!

Toccare le tue mani i tuoi capelli
che pure a te qualcuno avrà raccolto
in un piccolo ciuffo sulla testa!
E sentirmi guardato dai tuoi occhi
ostili, poveretta, e tormentarti
domandandoti il nome di tua madre…

Nessuna gioia vale questo amaro:
poterti fare piangere, potere
pianger con te.

Camillo Sbarbaro
(poeta italiano, 1888 - 1967)

Non raccomanderei l'amore

ho sentito la testa trafitta
da una corona di spine ma ho scherzato e ho pigliato la metro
mi sono sprofondato nei cessi della scuola a masturbarmi
scrivendo segretamente
d'inferno e adolescenza
perché ero "diverso"
il primo e l'ultimo della mia razza
soffocando sensazioni acute
nelle piscine e negli spogliatoi
drogato di labbra e genitali
ammattito per le chiappe
ammirate da Whitman e Lorca
da Catullo da Marlowe
e Michelangelo
e Socrate

e ho scritto: Amici,
se ci tenete a sopravvivere
non vi raccomanderei
l'Amore

Harold Norse
(poeta statunitense, 1916 - 2009)

College all'angolo della via

L’anno venturo ci ricoprirà l’erba della tomba.
Adesso stiamo verticali, e ridiamo;
lumando le ragazze di passaggio;
puntando su cavalli bolsi; trincando gin scadente.
Da fare, non c’è niente; da andare, in nessun posto; niente gente.

L’anno scorso era un anno fa; nient’altro.
Non eravamo più giovani allora; né ora siamo invecchiati.

Riusciamo a mantenerci un’aria giovanile;
dietro le facce non sentiamo niente, in nessun modo.
Probabilmente non saremo davvero morti quando moriamo.
E comunque non siamo mai stati niente; neanche soldati.

Noi siamo gli insultati, fratello, i figli desolati.
Sonnambuli per una terra buia e terribile,
dove la solitudine è un coltello sporco alla gola.
Stelle fredde ci guardano, socio
Stelle fredde e le puttane

Kenneth Patchen
(poeta statunitense, 1911 - 1972)

Come meditare

                            -         luci spente -
autunno, mani strette, in istantanea
estasi come una pera di eroina o morfina,
la ghiandola nel mio cervello secernente
il buon fluido felice (Fluido Santo) allorché
mi ah-bbasso e tengo ogni parte del corpo
giù in trance da puntomorto - Sanando
ogni mio male - tutto cancellando - neppure
resta il brandello di uno «spero-che-tu» o una
Bolla di Pazzia, ma la mente
libera, serena, spensierata. "Quando arriva
un pensiero spuntando da lontano con la sua
esibita figura d'immagine, lo freghi,
lo sfreghi via, lo smonti e si fa
smunto, e il pensiero non viene - e
con gioia comprendi per la prima volta
«Pensare è proprio come non pensare -
Perciò non devo pensare
mai
più»

Jack Kerouac
(poeta statunitense, 1922 - 1969)


...

Il cielo
              quella notte distava soltanto la metà
alla lettura poetica
                   ad ascoltare le frasi bruciate
quando ho sentito che il poeta aveva
                                                un’erezione in rima
       e poi ha distolto gli occhi con uno
                                                     sguardo perduto
           ”Ogni animale” ha detto finalmente
                      “è triste dopo il coito”
Ma gli innamorati nella fila dietro
                                                  sembravano svagati
                         e felici.

Lawrence Ferlinghetti
(poeta statunitense, 1919)

...

Qui dunque è l'attività che dà la vita data a ogni uomo: l'atto
sessuale, vivificatore,
infondente alle cellule non solo immortalità, programmato &
famelico
dimodoché la vita sprigioni dalla vita, unità da unità
affrontando l'altro
& continuandolo, ma all'istante balzando la vita a nuovo
vigore, rinnovata
nel fornicatore, mente tornata giù nelle sue membra, il corpo
un cristallo dove riluce, balenando, danzando,
capriolando & saltando, o soffusa di dolcezza,
come in fresco giorno d'estate la rocca scaldata dal sole
s'arruffa di vita, sonnolenta & leggera:
questo atto è il segreto, scopare o chiavare, copulare, il far
l'amore,
lavoro, artigianale
come accendere un fuoco, arare o fare il pane, l'amore è
fatica, procreazione di vita,
il puro
bene.

Stefan Brecht
(poeta statunitense, 1924 - 2009)

Gli inguini

Gli inguini sono la forza dell'anima,
tacita, oscura,
un germoglio di foglie
da cui esce il seme del vivere.
Gli inguini sono tormento,
sono poesia e paranoia,
delirio di uomini.
Perdersi nella giungla dei sensi,
asfaltare l'anima di veleno,
ma dagli inguini può germogliare Dio
e sant' Agostino e Abelardo,
allora il miscuglio delle voci
scenderà fino alle nostre carni
a strapparci il gemito oscuro
delle nascite ultraterrestri.

Alda Merini
(poetessa italiana, 1931 - 2009)

giovedì 17 ottobre 2013

E non morire mai

Una nave smaltata
l'oblò, il comodino, il letto.
Vivere è difficile e scomodo,
però è comodo morire.

Sto disteso e penso:
forse queste lenzuola bianche
hanno avvolto colui che oggi
se n'è andato all'altro mondo.

Il rubinetto gocciola piano.
La vita scarmigliata come una puttana
appare dalla nebbia e vede
il letto, il comodino.

Io cerco di sollevarmi un po’.
Voglio guardarla negli occhi.
Guardarla, mettermi a piangere
e non morire mai.

Boris Borisovich Ryhzy
(poeta russo, 1974 – 2001)

Non ho camminato nei tuoi sogni

Non ho camminato nei tuoi sogni,
né mi sono mostrato in mezzo alla folla,
non sono apparso nel cortile
dove pioveva o meglio cominciava
a piovere (questo verso
lo cancello e non lo sostituirò),
era allettante credere, come uno stupido,
che ti avrei incontrato presto,
eri tu che mi apparivi in sogno
(e mi prendeva una dolce tenerezza),
mi sistemavi i capelli sulle tempie.
Quell'autunno perfino le poesie
in parte mi riuscivano bene
(però mancava sempre un verso o una rima
per essere felice).

Boris Borisovich Ryzhy
(poeta russo, 1974 - 2001)

venerdì 11 ottobre 2013

Sii prima d'ogni addio, come fosse già dietro
di te, come l'inverno, che già ora finisce.
Ma tra gli inverni c'è un inverno tanto infinito,
che a svernarlo il tuo cuore a tutto sopravvive.

Sii sempre morto in Euridice -, innalzati cantando,
e, celebrando, innalzati di nuovo al rapporto puro.
Qui, tra color che passano, sii, nel regno del declino,
un cristallo che suona, e che nel suono già s'infranse.

Sii - e sappi anche la condizione del Non Essere,
interminato fondamento della tua interna oscillazione,
che tu questa volta almeno la porti a vero compimento.

Alle già adusate, e opache e mute risorse
della colma natura, alle somme indicibili
annovera te pure giubilando e azzera il conto.

Rainer Maria Rilke
(poeta austriaco, 1875 - 1926)

martedì 8 ottobre 2013

Io non ho mani

Io non ho mani
che mi accarezzino il volto,
(duro è l'ufficio
di queste parole
che non conoscono amori)
non so le dolcezze
dei vostri abbandoni:
ho dovuto essere
custode
della vostra solitudine:
sono
salvatore
di ore perdute.

David Maria Turoldo
(poeta italiano, 1916 - 1992)

sabato 14 settembre 2013

Parole sussurrate

Amico mio, io non sono ciò che sembro.
L'apparenza è come un abito che indosso,
un abito che protegge me dai tuoi interrogativi
e te dalle mie negligenze.
Amico mio, l' "io" dimora in me nella casa del silenzio
e lì rimarrà per sempre,
impercettibile e inavvicinabile.
Non voglio che tu creda ciecamente in ciò
che dico o faccio, le mie parole e le mie azioni infatti
non sono altro che i tuoi pensieri e le tue speranze resi tangibili.
Quando tu dici "Il vento spira verso est",
io confermo "Sì, spira proprio in quella direzione";
perchè non voglio che tu sappia che la mia mente
non dimora nel vento ma nel mare.
Tu non puoi capire i miei pensieri
trasportati dalle onde, né voglio che tu lo faccia.
Preferisco navigare da solo.
Quando da te è giorno , da me è notte;
e pure descrivo il mezzogiorno che danza sulle colline e
la furtiva ombra purpurea che attraversa la valle;
perchè tu non puoi udire il canto della mia oscurità
né vedere il battito delle mie ali contro le stelle;
del resto, meglio così.
Rimarrò solo con la mia notte.
Quando tu ascendi al Paradiso,
io scendo dall'inferno;
e quando, dalla riva opposta del golfo che ci separa,
mi chiami: "compagno, amico ",
a mia volta ti chiamo "compagno, amico "
poiché non voglio che tu veda il mio Inferno.
La fiamma ti brucerebbe gli occhi
e il fumo ti invaderebbe le narici.
E io amo troppo il mio Inferno per fartelo visitare.
Resterò all'Inferno da solo.
Tu ami la Verità,
la Bellezza,
la Giustizia
e io per amor tuo dico che amare è giusto e decoroso,
anche se dentro di me rido del tuo amore.
Ma non voglio che tu lo veda.
Riderò da solo.
Amico mio, tu sei buono, cauto e saggio,
certo, sei perfetto.
Anch'io, benché sia pazzo,
quando parlo con te lo faccio con saggezza e con cautela,
mascherando la mia pazzia.
Sarò pazzo da solo.
Amico o nemico che tu sia,
come posso farti capire?
Anche se camminiamo insieme,
mano nella mano, la mia strada non è la tua.

Khalil Gibran
(poeta libanese, 1883 – 1931)

mercoledì 4 settembre 2013

La morte o la vittoria (di Mandela)

Il letto dove mi corico non è che un posatoio,
attendo la morte
se muoio non è un torto.
La morte è una vittoria…
Ho mal di cuore
amo il mio cuore
il mio cuore fonte d’amore muore.
No, è la morte che mi nausea.

La morte è una vittoria gloriosa
ma il gruppo che mi circonda
parla di darmi un cuore
per tutti arriva il momento di morire,
non accetto un cuore
neanche quello di Cristo,
morto per salvare l’umanità
perché sono pagano
il cuore di Cristo spetta ai cristiani.

Yandoko Leopold Mainda
(poeta congolese)

giovedì 27 giugno 2013

...

No, non ti sal­verà quanto lasciarono
scritto coloro che temendo implori;
tu non sei gli altri, ti trovi nel centro
del labi­rinto ordito dai tuoi passi.
Non ti sal­ve­ranno l’agonia di Cristo
o di Socrate, non ti salva Budda,
l’aureo Sid­d­harta che accettò la morte
in un giar­dino, al cadere del giorno.
È pol­vere anche la parola scritta
dalla tua mano, la sil­laba detta
dalla tua bocca. È impie­tosa la sorte
e la notte di Dio non ha mai fine.
La tua mate­ria è il tempo, l’incessante
Tempo.
Sei tutti gli istanti e ogni istante.

Jorge Luis Bor­ges
(poeta argentino, 1899 - 1986)

Lo straniero

- Dimmi, enigmatico uomo, chi ami di più? tuo padre, tua madre, tua sorella o tuo fratello?
- Non ho né padre, né madre, né sorella, né fratello.
- I tuoi amici?
- Usate una parola il cui senso mi è rimasto fino ad oggi sconosciuto.
- La patria?
- Non so sotto quale latitudine si trovi.
- La bellezza?
- L’amerei volentieri, ma dea e immortale.
- L’oro?
- Lo odio come voi odiate Dio.
- Ma allora che cosa ami, meraviglioso straniero?
- Amo le nuvole… Le nuvole che passano… laggiù… Le meravigliose nuvole...

Charles Baudelaire
(poeta francese, 1821 – 1867)

venerdì 21 giugno 2013

...

Noi saremo, a dispetto di stolti e di cattivi
che certo guarderanno male la nostra gioia,

talvolta fieri e sempre indulgenti, è vero?
Andremo allegri e lenti sulla strada modesta

che la speranza addita, senza badare affatto
che qualcuno ci ignori o ci veda, è vero?

Nell'amore isolati come in un bosco nero,
i nostri cuori insieme, con quieta tenerezza,

saranno due usignoli che cantan nella sera.
Quanto al mondo, che sia con noi dolce o irascibile,

non ha molta importanza. Se vuole, esso può bene
accarezzarci o prenderci di mira a suo bersaglio.

Uniti dal più forte, dal più caro legame,
e inoltre ricoperti di una dura corazza,
sorrideremo a tutti senza paura alcuna.

Noi ci preoccuperemo di quello che il destino
per noi ha stabilito, cammineremo insieme
la mano nella mano, con l'anima infantile
di quelli che si amano in modo puro, vero?

Paul Verlaine
(poeta francese, 1844 - 1896)

mercoledì 29 maggio 2013

L'eternità


È ritrovata!
- Che cosa? - l'Eternità.
È il mare in comunione
col sole.

Arthur Rimbaud
(poeta francese, 1854 – 1891)

martedì 28 maggio 2013

Non sfruttare il tuo genio, poeta

L’aureola, al cui cospetto intimidisce
il riflesso opale delle spalline,
nella conquista dei trofei d’amore.

Non sbandierare la tua solitudine,
non chiedere compassione,
non sedurre con le tragedie,
come Grušnickij col pastrano di semplice soldato.

Ma a quelle donne impotenti,
cui tu sei come un’icona,
è peccato chiedere delle carezze il tributo,
è sleale estorcere la bontà.

È criminale recitare con sentimento
per stringere al collo col laccio dei tuoi versi.
Non torna ad onore dell’uomo
vincere quelle che in principio sono già vinte.

La gloria, calamita terribile è alle donne.
A lei si attacca ogni forcina.
Perfin i fermagli d’ufficio cercano
con ardore di dimenticare le loro scartoffie.

Ma non sarà scagionata la calamita
che tanto si attacca al prezioso e al dozzinale,
quando tirando via il chiodo
dalla parete farà cadere l’icona.

E sappi, se sei un vero poeta,
rinunciando ai privilegi della tua posizione,
non abbassarti fino alla vittoria,
ma salire fino alla sconfitta.

Evgenij Aleksandrovič Evtušenko
(poeta russo, 1933)

giovedì 23 maggio 2013

La stazione di Zimà

[…]
Partii…
Mi sentivo triste e puro,
triste certamente, perché
avevo imparato qualcosa nella vita,
ma che cosa,
non me ne sapevo ancora render conto.
Bevvi la vodka coi vicini, in loro onore.
Per l’ultima volta attraversai la mia Zimà.

Continuavo a camminare, triste e libero,
e avendo superato l’ultimo quartiere,
salii su un monticello assolato
e a lungo là rimasi.
Dall’alto vedevo l’edificio della stazione,
i magazzini, i fienili e le case.
Mi parlò allora la stazione di Zimà.
Ecco che mi disse la stazione di Zimà:
“Vivo modestamente, schiaccio noci,
in silenzio emetto fumo dalle mie locomotive,
ma anch’io rifletto molto sull’epoca nostra,
l’amo, e non vado contro la mia coscienza.
Tu non sei il solo al mondo
in questa tua ricerca, nelle intenzioni, nella lotta.
Non t’affliggere, figliolo, se non hai risposto
alla domanda che ti è stata fatta.
Abbi pazienza, osserva, ascolta.
Cerca, cerca. Percorri tutta la terra.
Sì, la verità è buona, ma la felicità è migliore,
eppure non c’è felicità senza verità.
Cammina per il mondo a testa alta,
con il cuore e gli occhi in avanti,
e sul viso
l’umida sferza delle nostre conifere
e sulle ciglia
lacrime e tempesta.
Ama gli uomini, e saprai capirli.
Ricordati.
Io ti seguo.
Quando sarà difficile, tornerai da me…
Va!”

E io andai.
E sono in cammino.

Evgenij Aleksandrovič Evtušenko
(poeta russo, 1933)

Fu l'inizio...

Fu l’inizio:
quando giù
per la scala correvi,
appena finiva
l’ultima lezione,
quando nella mischia allegra
presso lo spogliatoio,
frettoloso
tendevi
il tuo numeretto,
quando nel crocchio
dei ragazzi accaldati
(che importava
se le ragazzine ridevano!)
correvi in avanti,
ansante per la corsa,
e modellavi palle
di neve bagnata.
Passavano balenando i ruscelli,
le nuvole
e interi quartieri,
e di nuovo, al di sopra di tutto,
si levava una cosa
che già tanto ti mancava,
anche se ancora non potevi conoscerla.
Volevi l’amore:
quello vero,
non falso,
e, anche se ora
vuoi mentire nell’anima tua,
lo volevi felice
ma se questo fosse troppo complicato,
venisse pure un amore infelice,
ma che fosse
amore…

Evgenij Aleksandrovič Evtušenko
(poeta russo, 1933)

***

Mi dicono, crollando la testa:
“Sii più buono…
sei tanto cattivo!”
Ero buono.
Ma non è durato a lungo.
La vita mi ha colpito
Percuotendomi sui denti.
Vivevo come un cucciolo stupido.
Mi colpivano
e di nuovo tendevo la guancia.
Per farmi più cattivo,
d’un colpo,
da solo,
ho spezzato la corda della bonarietà.
Vi racconterò adesso
qualcosa sulla cattiveria.
Quando prima dell’adunata mi sussurrano:
“Lasci perdere!
È ancora giovane, scriva piuttosto,
e intanto non s’affretti a lanciarsi
nella zuffa…”
Ma non cedo per niente:
esser cattivo nei confronti della menzogna,
questa è bontà!
Sono comunista per natura.
Il comunismo mi ordina
d’esser sempre più cattivo
contro chi si pone sulla sua via.
Non do retta ai consigli.
Non ho più la timidezza di un tempo
e
la vita è interessante, quando sei cattivo.

Evgenij Aleksandrovič Evtušenko
(poeta russo, 1933)

mercoledì 15 maggio 2013

Prima che il tempo li guastasse

Assai si dolsero nell’atto di lasciarsi.
Le circostanze, non loro lo vollero.
I casi della vita fecero che uno
lontano se ne andasse – a New York o in Canadà.
Certo l’amore non era più quello d’un tempo,
poco per volta in loro era scemata l’attrazione.
Separarsi, però, non l’avevano voluto.
Le circostanze agivano. – Forse il destino
s’é rivelato artista, spaiandoli proprio adesso
prima che il fuoco si spegnesse, che il Tempo li guastasse.
Immutabile saranno l’uno per l’altro
il bel ragazzo di ventiquattro anni.


Costantino Kavafis
(poeta greco, 1863 - 1933)

lunedì 13 maggio 2013

...




Finché quella donna del Rijksmuseum
nel silenzio dipinto e in raccoglimento
giorno dopo giorno versa
il latte dalla brocca nella scodella,
il Mondo non merita
la fine del mondo.

Wisława Szymborska
(poetessa polacca, 1923 - 2012)

venerdì 10 maggio 2013

Chiusura

Caddi in uno dei miei patetici periodi di chiusura. Spesso, con gli esseri umani, buoni e cattivi, i miei sensi semplicemente si staccano, si stancano: lascio perdere. Sono educato. Faccio segno di sì. Fingo di capire, perché non voglio ferire nessuno.
Questa è la debolezza che mi ha procurato più guai. Cercando di essere gentile con gli altri spesso mi ritrovo con l'anima a fettucce, ridotta ad una specie di piatto di tagliatelle spirituali.
Non importa... Il mio cervello si chiude. Ascolto. Rispondo. E sono troppo ottusi per rendersi conto che io non ci sono...

        Charles Bukowski
        (poeta statunitense, 1920 -1994)

da PensieriParole <http://www.pensieriparole.it/aforismi/libri/frase-60176>

Da un albero in autunno

Da un albero, in autunno, cadono le foglie:
l'albero non se ne accorge,
la pioggia scorre su di lui,
il sole, o il ghiaccio, lo feriscono,
ma dentro di lui la vita si ritrae
nel luogo più angusto e più intimo.
Non muore.
Aspetta.

Hermann Hesse

(poeta tedesco, 1877- 1962)

venerdì 3 maggio 2013

Ha una sua solitudine lo spazio

Ha una sua solitudine lo spazio,
solitudine il mare
e solitudine la morte - eppure
tutte queste son folla
in confronto a quel punto più profondo,
segretezza polare,
che è un’anima al cospetto di se stessa:
infinità finita.

Emily Dickinson

(poetessa statunitense, 1830 - 1886)

martedì 12 marzo 2013

L'avere

Resta, al sommo di tutto, questa capacità di tenerezza
Questa perfetta intimità con il silenzio
Resta questa voce intima che chiede perdono di tutto:
- Pietà! perché essi non hanno colpa d'esser nati...
Resta quest'antico rispetto per la notte, questo parlar fioco
Questa mano che tasta prima di stringere, questo timore
Di ferire toccando, questa forte mano d'uomo
Piena di dolcezza verso tutto ciò che esiste.
Resta quest'immobilità, questa economia di gesti
Quest'inerzia ogni volta maggiore di fronte all'infinito
Questa balbuzie infantile di chi vuol esprimere l'inesprimibile
Questa irriducibile ricusa della poesia non vissuta.
Resta questa comunione con i suoni, questo sentimento
Di materia in riposo, questa angustia della simultaneità
Del tempo, questa lenta decomposizione poetica
In cerca d'una sola vita, una sola morte, un solo Vinícius.
Resta questo cuore che brucia come un cero
In una cattedrale in rovina, questa tristezza
Davanti al quotidiano; o quest'improvvisa allegria
Di sentir passi nella notte che si perdono senza memoria...
Resta questa voglia di piangere davanti alla bellezza
Questa collera di fronte all'ingiustizia e all'equivoco
Questa immensa pena di se stesso, questa immensa
Pena di se stesso e della sua forza inutile.
Resta questo sentimento dell'infanzia sventrato
Di piccole assurdità, questa sciocca capacità
Di rider per niente, questo ridicolo desiderio d'esser utile
E questo coraggio di compromettersi senza necessità.
Resta questa distrazione, questa disponibilità, questa vaghezza
Di chi sa che tutto è già stato come è nel tornar ad essere
E allo stesso tempo questa volontà di servire, questa contemporaneità
Con il domani di quelli che non ebbero ieri né oggi.
Resta questa incoercibile facoltà di sognare
Di trasformare la realtà, dentro questa incapacità
Di non accettarla se non come è, e quest'ampia visione
Degli avvenimenti, e questa impressionante
E non necessaria prescienza, e questa memoria anteriore
Di mondi inesistenti, e questo eroismo
Statico, e questa piccolissima luce indecifrabile
Cui i poeti a volte danno il nome di speranza.
Resta questo desiderio di sentirsi uguale a tutti
Di riflettersi in sguardi senza curiosità e senza storia
Resta questa povertà intrinseca, questa vanità
Di non voler essere principe se non del proprio regno.
Resta questo dialogo quotidiano con la morte, questa curiosità
Di fronte al momento a venire, quando, di fretta
Ella verrà a socchiudermi la porta come una vecchia amante
Senza sapere che è la mia ultima innamorata.

Vinícius de Moraes

(poeta brasiliano, 1913 - 1980)

...

La vita io l’ho castigata vivendola.
Fin dove il cuore mi resse
arditamente mi spinsi.
Ora la mia giornata non è più
che uno sterile avvicendarsi
di rovinose abitudini
e vorrei evadere dal nero cerchio.
Quando all’alba mi riduco,
un estro mi piglia, una smania
di non dormire.
E sogno partenze assurde,
liberazioni impossibili.
Oimè. Tutto il mio chiuso
e cocente rimorso
altro sfogo non ha
fuor che il sonno, se viene.
Invano, invano lotto
per possedere i giorni
che mi travolgono rumorosi.
Io annego nel tempo.

Vincenzo Cardarelli
(poeta italiano, 1887 - 1959)

L'amore?

Non è possibile amarsi e separarsi. Si vorrebbe che fosse possibile. Si può trasformare l’amore, ignorarlo, sprecarlo, non si può estirparlo dall’anima. Io so per esperienza che i poeti hanno ragione: l’amore è eterno.

Edward Morgan Forster 
(scrittore inglese, 1879 - 1970)

...

Ora che sei venuta,
che con passo di danza sei entrata
nella mia vita
quasi folata in una stanza chiusa -
a festeggiarti, bene tanto atteso,
le parole mi mancano e la voce
e tacerti vicino già mi basta.

Il pigolio così che assorda il bosco
al nascere dell'alba, ammutolisce
quando sull'orizzonte balza il sole.

Ma te la mia inquietudine cercava
quando ragazzo
nella notte d'estate mi facevo
alla finestra come soffocato:
che non sapevo, m'affannava il cuore.
E tutte tue sono le parole
che, come l'acqua all'orlo che trabocca,
alla bocca venivano da sole,
l'ore deserte, quando s'avanzavano
puerilmente le mie labbra d'uomo
da sé, per desiderio di baciare...

Camillo Sbarbaro
(poeta italiano, 1888 - 1967)


venerdì 18 gennaio 2013

A uno sconosciuto

Sconosciuto che passi, tu ignori con quale desiderio ti seguo degli occhi,
Devi essere colui che cercavo, o colei che cercavo (lo sento siccome in un sogno),
In qualche luogo di certo ho trascorso con te una vita di gioia,
Tutto ricordo, l’istante che ci incrociammo, mutevoli, amanti, casti, maturi,
Tu sei cresciuto con me, sei stato fanciullo, fanciulla con me,
Io ho mangiato con te, ho dormito con te, il tuo corpo non più solo tuo ha lasciato il mio corpo non più solo mio,
Tu m’offri il piacere, passando, degli occhi, del volto, della tua carne, e in cambio derivi piacere dalla mia barba, dal petto, e dalle mie mani.
Io non ti devo parlare, devo pensarti allorquando son solo, o solitario mi sveglio di notte,
E devo attendere, perché non dubito che torneremo a incontrarci,
E allora dovrò fare in modo di non perderti più.

Walt Whitman
(poeta americano, 1819 – 1892)

L'amore

Perché l’amore è come un albero: cresce da solo,
spinge profondamente le sue radici in tutto il nostro essere,
e spesso continua a verdeggiare sopra un cuore in rovina.
E l’inesplicabile è questo:
che più questa passione è cieca, più è tenace.
Non è mai tanto solida
come quando non ha in sé nessuna ragione.

Victor Hugo
(poeta francese, 1802 – 1885)

Per tutte le violenze consumate su di lei

Per tutte le violenze consumate su di Lei,
per tutte le umiliazioni che ha subito,
per il suo corpo che avete sfruttato,
per la sua intelligenza che avete calpestato,
per l’ignoranza in cui l’avete lasciata,
per la libertà che le avete negato,
per la bocca che le avete tappato,
per le ali che le avete tagliato,
per tutto questo:
in piedi Signori,
davanti a una Donna!

William Shakespeare
(poeta inglese, 1564 – 1616)

Se non sono mai tornata

Se non sono mai tornata
è perché non sono mai partita.
Il mio continuo viaggiare
è stato un eterno restare qua,
dove non sono stata mai.

Wisława Szymborska
(poetessa polacca, 1923 – 2012)

Forse le nostre ansie

Forse le nostre ansie 
non hanno lettori. 
Forse la strada è sbagliata fin dall’ inizio 
e sbagliata sarà anche alla fine. 
Forse le lanterne, che ad una ad una accendiamo, 
il vento una ad una le spegnerà. 
Forse bruciamo la vita per illuminare gli altri 
e non abbiamo fuoco per riscaldare noi stessi. 
Forse, quando tutte la lacrime saranno versate, 
la terra sarà più fertile. 
Forse noi cantiamo il sole 
e dal sole siamo cantati. 
Forse, più grande è il peso sulle spalle, 
più alta torreggia la fede. 
Forse gridiamo contro tutte le sofferenze, 
ma sulle personali sventure non possiamo che 
tacere. 
Forse 
per un irresistibile richiamo 
non abbiamo altra scelta. 

Shu Ting
(poeta cinese, 1952)

Noi siamo i vinti

Noi siamo i vinti.
Noi che non sappiamo amare e viviamo di sogni
e il tempo dell’illusione svanisce
lasciandoci tentennanti del nostro dolore.
Noi che affidiamo ogni nostra decisione
al bizzarro rotolare di una moneta
incapaci di ergerci.
Noi siamo i vinti
che ci crogioliamo nella nostra malinconia
e ci inebriamo di dolcezze struggenti,
nel pensiero del passato e del futuro.
Sì, noi che ancora non abbiamo capito
che Dio è dalla nostra parte
e non nutriamo speranza.

Pier Vittorio Tondelli
(scrittore italiano, 1955 – 1991)

L'unica ossessione che vogliono tutti


L’unica ossessione che vogliono tutti:
l‘amore.
Cosa crede, la gente,
che basti innamorarsi per sentirsi completi?
La platonica unione delle anime?
Io la penso diversamente.
Io credo che tu sia completo prima di cominciare.
E l’amore ti spezza.
Tu sei intero, e poi ti apri in due.

Philip Roth
(scrittore statunitense, 1933)

Da me ci sono due porte

Da me ci sono due porte, una per entrare e una per uscire.
Rigorosamente divise.
Dalla porta d’ingresso non si può uscire, e da quella di uscita non si può entrare.
Tutti seguono questa regola.
Possono variare le modalità, ma tutti finiscono per andare via.
C’è chi è andato via per sperimentare nuove possibilità, chi per risparmiare tempo.
Qualcuno è morto.
Fatto sta che non è rimasto nessuno. Tranne me, unico superstite.
La loro assenza è sempre con me.
Le loro parole, i loro respiri, i motivi canticchiati a bassa voce, aleggiano come polvere negli angoli di casa mia.
Ho il sospetto che l’immagine che avevano di me fosse proprio quella giusta.
Per questo sono venuti tutti qui da me e per questo alla fine sono andati via.
Hanno riconosciuto in me una certa integrità, il mio impegno per mantenerla.
Hanno cercato di parlare con me, di aprirmi il loro cuore.
Erano quasi tutte persone generose.
Ma io non sono riuscito a dar loro niente, o troppo poco, nonostante i miei sforzi.
Ho fatto quel che ho potuto.
Anch’io cercavo qualcosa in loro.
Non ha funzionato, e così se ne sono andate.
Inutile dire che è stato doloroso.
Ma la cosa più dolorosa era il fatto che loro lasciassero la mia casa più tristi di quando erano arrivate.
Come se nel frattempo qualcosa in loro si fosse logorato.
Me ne rendevo conto.
È strano, ma ne uscivano sempre più segnate di me.
Perché? Perché alla fine rimanevo sempre solo?
Perché alla fine le mie mani stringevano solo ombre?

Murakami Haruki
(scrittore giapponese, 1949)


Un amore felice

Un amore felice. È normale?
è serio? è utile?
Che se ne fa il mondo di due esseri
che non vedono il mondo?
Innalzati l’uno verso l’altro senza alcun merito,
i primi qualunque tra un milione, ma convinti
che doveva andare così – in premio di che? Di nulla;
la luce giunge da nessun luogo -
perché proprio su questi e non su altri?
Ciò offende la giustizia? Sì.
Ciò infrange i principi accumulati con cura?
Butta giù la morale dal piedistallo? Sì, infrange e butta giù.
Guardate i due felici:
se almeno dissimulassero un po’,
si fingessero depressi, confortando così gli amici!
Sentite come ridono – è un insulto.
In che lingua parlano -
comprensibile all’apparenza.
E tutte quelle loro cerimonie, smancerie,
quei bizzarri doveri reciproci che si inventano -
sembra un complotto contro l’umanità!
E’ difficile immaginare dove si finirebbe
se il loro esempio fosse imitabile.
Su cosa potrebbero contare religioni, poesie,
di che ci si ricorderebbe, a che si rinuncerebbe,
chi vorrebbe restare più nel cerchio?
Un amore felice. Ma è necessario?
Il tatto e la ragione impongono di tacerne
come d’uno scandalo nelle alte sfere della Vita.
Magnifici pargoli nascono senza il suo aiuto.
Mai e poi mai riuscirebbe a popolare la terra,
capita, in fondo, di rado.
Chi non conosce l’amore felice
dica pure che in nessun luogo esiste l’amore felice.
Con tale fede gli sarà più lieve vivere e morire.

Wislawa Szymborska
(poetessa polacca, 1923 – 2012)

...

Tesoro, questa sarà un’estate particolare.
E non per l’eclissi, non per la fine del mondo
che tanto non ci sarà.
Il guaio è che non siamo vecchi abbastanza
per rimpiangere la felicità,
né giovani quanto basta per essere sicuri
che oggi no, domani forse,
ma dopodomani sicuramente.
In ogni caso, ne abbiamo di energia da vendere,
noi, e fegato a iosa e denti
che possono benissimo
sostituire l’aquila del mito.
Tanto il fegato si rigenera,
e quanto all’energia
quella che circola nell’universo
è sempre la stessa.
E ne abbiamo da dire a quelli che hanno vent’anni
sulla passione e sull’amore
appeso al trillo di un cellulare
e sulle scopate una dopo l’altra
che ti ritrovi a sentire
che l’abitudine è un’invenzione dei preti,
degli impotenti, dei mariti e delle mogli,
di gente tutta cioè che passa il tempo ripetendosi
c’era un tempo, c’era un tempo.
Bene, in un mondo del genere,
io non ho nulla da fare.
Ti ho incontrata, e chiamato Beatrice.
Che ti chiamassi davvero così, è solo un caso.
O una coincidenza.
Ce l’ho messa tutta per amarti.
Ma ciò che ho fatto non basta.
Tu stessa hai fatto lo stesso.
E anche questo non basta.
C’è sempre qualcosa ancora da fare
in situazioni così.
Per esempio, chiedersi se si è teneri abbastanza.
E duri, quanto occorre per non convincersi
che la felicità è un diritto in stretta relazione
con il dna o con i coglioni.
E stupirsi che l’altro ci respiri sulle labbra.
E ci dica buongiorno e prepari il caffé.
E venga a passare l’estate nello stesso mare.
E ci faccia un pompino
o ce lo infili dicendoci ti amo.
Bene, noi non siamo folli,
né santi, o pervertiti e ciarlatani.
Io e te non siamo di quelli
che se ne vanno in giro
a giurare di non aver mai deluso nessuno
e di provare ancora gusto a vivere come si vive.
Abbiamo avuto ciò che volevamo,
e al prezzo giusto che hanno certe cose.
Ed ora eccoci qua, con questa nave che parte
alle ventuno in punto,
e questa estate particolare
che promette d’essere generosa
di struggimenti e desideri.
E la paura di vivere troppo.
Di morire
senza avere avuto il tempo di dirci
ciò che era necessario dirci
prima che la nave partisse.

Luther Blissett

Non sono né un artista né un poeta

Non sono né un artista né un poeta.
Ho trascorso i miei giorni dipingendo,
ma non sono in sintonia
con i miei giorni e le mie notti.
Sono una nube,
una nube che si confonde con gli oggetti,
ma ad essi mai si unisce.
Sono una nube,
e nella nube è la mia solitudine,
la mia fame e la mia sete.
La calamità è che la nube,
la mia realtà, anela di udire qualcun altro che dica:
“Non sei solo in questo mondo ma siamo due,
insieme,
e io so chi sei tu.

Kahlil Gibran
(poeta libanese, 1883 – 1931)

Fui un cercatore

Fui un cercatore e ancora lo sono, ma non cerco più negli astri e nei libri;
incomincio a udire gli insegnamenti che fervono nel mio sangue.
La mia storia non è amena, non è dolce e armoniosa come le storie inventate,
sa di stoltezza e confusione, di follia e sogno,
come la vita di tutti gli uomini che non intendono più mentire a se stessi.

Hermann Hesse
(poeta tedesco, 1877 – 1962)

...

Mi è capitato molte volte di vedere persone “troppo sensibili” ferire gli altri senza alcuna necessità.
E ho visto anche persone “sincere e aperte” usare la logica per imporre i propri interessi, senza neanche esserne consapevoli.
Ho visto infine persone “brave a leggere nel cuore degli uomini” lasciarsi ingannare senza sforzo da adulatori visibilmente insinceri.
A questo punto mi sembra naturale chiedersi cosa ognuno di noi alla fin fine conosca di se stesso…

Haruki Murakami
(scrittore giapponese, 1949)

La tua assenza

La tua assenza
giunge sempre a testa bassa
vaga come al solito per le stanze
prima di chiedere la cena e il caffè
si accerta che i piccoli siano dentro di me
e il perdono
dietro le mie orecchie
poi si affaccia al balcone
e caccia gli angeli che si sono accalcati dietro le finestre
ogni volta
solleva il soffitto di qualche centimetro
e non fa nulla.
Ho forse detto che viene a testa bassa?
Forse ho esagerato un po’
la tua assenza non viene
è qui.

Fatima Naoot
(poetessa egiziana, 1964)

Bello è nascosti sentirsi cercare

Bello è, nascosti, sentirsi cercare!
Più bello essere trovati,
se è questo che vogliamo e della volpe
è degno il cane.
Bene sapere e non dire,
meglio sapere e dire,
se puoi trovare quell’orecchio raro
che ti comprenda.

Emily Dickinson
(poetessa statunitense, 1830 – 1886)

Quelli come te

Quelli come te, che hanno due sangui diversi nelle vene,
non trovano mai riposo né contentezza;
e mentre sono là, vorrebbero trovarsi qua,
e appena tornati qua, subito hanno voglia di scappar via.
Tu te ne andrai da un luogo all’altro,
come se fuggissi di prigione, o corressi in cerca di qualcuno;
ma in realtà inseguirai soltanto le sorti diverse che si mischiano nel tuo sangue,
perché il tuo sangue è come un animale doppio,
è come un cavallo grifone, come una sirena.
E potrai anche trovare qualche compagnia di tuo gusto,
fra tanta gente che s’incontra al mondo;
però, molto spesso, te ne starai solo.
Un sangue-misto di rado si trova contento in compagnia:
c’è sempre qualcosa che gli fa ombra,
ma in realtà è lui che si fa ombra da se stesso,
come il ladro e il tesoro, che si fanno ombra uno con l’altro.

Elsa Morante
(poetessa italiana, 1912 – 1985)

...

Nella vita vera non posso cancellare,
tornare indietro, ripensare a quello che ho detto,
correggerlo.
Allora scrivo.
Per prendermi la rivincita sulle parole.
Per raccontare come sarebbe andata
se avessi scelto quelle giuste.

Diego De Silva
(scrittore italiano, 1964)

...


Dall’immagine tesa
vigilo l’istante
con imminenza di attesa –
e non aspetto nessuno:
nell’ombra accesa
spio il campanello
che impercettibile spande
un polline di suono –
e non aspetto nessuno:
fra quattro mura
stupefatte di spazio
più che un deserto
non aspetto nessuno:
ma deve venire;
verrà, se resisto,
a sbocciare non visto,
verrà d’improvviso,
quando meno l’avverto:
verrà quasi perdono
di quanto fa morire,
verrà a farmi certo
del suo e mio tesoro,
verrà come ristoro
delle mie e sue pene,
verrà, forse già viene
il suo bisbiglio.
No, non t’avvicinare!
È meglio da lontano
ch’io li ami e desideri i tuoi occhi
solo quando si attende
appare bella la felicità,
e non cercata ci manda un suo cenno.
No, non t’avvicinare!
È molto più suadente
questo fremito dolce di paura e d’attesa
ed è molto più bello
ciò che a lungo s’insegue
e il suo presentimento che ci turba.
No, non t’avvicinare!
Perché farlo e a che scopo?
Soltanto da lontano tutto splende
come una stella, tutto
ci incanta da lontano.
No, non avvicinarmeli i tuoi occhi.

Desanka Maksimovic
(poetessa serba, 1898 – 1993)

giovedì 17 gennaio 2013

Il potere dei poeti



Il potere dei poeti è molto esiguo:
un foglio bianco, molta solitudine,
qualche strappo al cuore,
e una guerra o due.

Alda Merini
(poetessa italiana, 1931 – 2009)

Lei desiderava un sorriso

Lei desiderava un sorriso.
Una musica muta.
Una riva di mare. Per bagnarsi.
Il suo amore impossibile.
I suoi piedi nudi e piagati.
I suoi meschini capelli.
Lei ignorava che il ricordo
è un ferro piantato alla porta.
Non sapeva nulla.
Della perfezione del passato,
del massacro delle notti solitarie.
Non sapeva che il più grande desiderio
è un niente che s’inventa stranissime cose.

Alda Merini
(poetessa italiana, 1931 – 2009)

Stanchezza

Quello che c’è in me è soprattutto stanchezza
non di questo o di quello
e neppure di tutto o di niente:
stanchezza semplicemente, in sé,
stanchezza.
La sottigliezza delle sensazioni inutili,
le violente passioni per nulla,
gli amori intensi per ciò che si suppone in qualcuno,
tutte queste cose -
queste e ciò che manca in esse eternamente -
tutto ciò produce stanchezza,
questa stanchezza,
stanchezza.
C’è senza dubbio chi ama l’infinito,
c’è senza dubbio chi desidera l’impossibile,
c’è senza dubbio chi non vuole niente -
tre tipi di idealisti, e io nessuno di questi:
perchè io amo infinitamente il finito,
perchè io desidero impossibilmente il possibile,
perchè voglio tutto, o ancora di più, se può essere,
o anche se non può essere…
E il risultato?
Per loro la vita vissuta o sognata,
per loro il sogno sognato o vissuto,
per loro la media fra tutto e niente, cioè la vita…
Per me solo una grande, una profonda,
e, ah, con quale felicità, infeconda stanchezza,
una supremissima stanchezza,
issima, issima, issima,
stanchezza…

Alvaro de Campos
(Fernando Pessoa, poeta portoghese, 1890 – 1935)

...

Uno si costruisce grandi storie,
questo è il fatto, e può andare avanti anni a crederci,
non importa quanto pazze sono, e inverosimili,
se le porta addosso, e basta.
Si è anche felici, di cose del genere.
Felici. E potrebbero non finire mai.
Poi, un giorno, succede che si rompe qualcosa,
nel cuore del gran marchingegno fantastico,
tac, senza nessuna ragione,
si rompe d’improvviso e tu rimani lì,
senza capire come mai
tutta quella favolosa storia non ce l’hai più addosso,
ma davanti,
come fosse la follia di un altro,
e quell’altro sei tu.
Tac. Alle volte basta un niente.
Anche solo una domanda che affiora.
Basta quello.

Alessandro Baricco
(scrittore italiano, 1958)

La fame sono io

La fame sono io.
Per fame, intendo quel buco spaventoso
di tutto l’essere, quel vuoto che attanaglia,
quella aspirazione non tanto all’utopica pienezza
quanto alla semplice realtà:
là dove non c’è niente,
imploro che vi sia qualcosa.

Amélie Nothomb
(scrittrice belga, 1966)

Alda Merini

Amai teneramente dei dolcissimi amanti
senza che essi sapessero mai nulla.
E su questi intessei tele di ragno
e fui preda della mia stessa materia.
In me l’anima c’era della meretrice
della santa della sanguinaria e dell’ipocrita.
Molti diedero al mio modo di vivere un nome
e fui soltanto una isterica.

Alda Merini
(poetessa italiana, 1931 – 2009)

Siamo in piedi


Siamo in piedi, rigidi e dimenticati
sull’orlo di un precipizio selvaggio,
l’uno all’altra attaccati;
né un lamento, lacrima o parola:
per precipitare basta una mossa.
Come legami di carne e sangue
ci proteggono le nostre labbra,
blu e tremanti, ci tengono attaccati.
Finché mi baci non abbiamo parole,
ma di’ una parola e cadiamo entrambi.

Ady Endre
(poeta ungherese, 1877 – 1919)

Meglio di mille vuote parole

Meglio di mille vuote parole
è una sola parola di pace.

Meglio di mille inutili versi
è un solo verso di pace.

Meglio di cento frasi fasulle
è una parola del dharma
che porta la pace.

Meglio vincere se stessi
che mille battaglie
contro mille uomini.

Il dominio di sé
è la vittoria più grande.

(tratto da “Dhammapada”, III sec. a.C.)

Per vivere non voglio

Per vivere non voglio
isole, palazzi, torri.
Che altissima allegria:
vivere nei pronomi!
Getta via i vestiti,
i connotati, i ritratti;
non ti voglio così,
travestita da altra
figlia sempre di qualcosa.
Ti voglio libera, pura,
irriducibile: tu.
Quando ti chiamerò, so bene,
fra tutte le genti
del mondo,
solo tu sarai tu.
E quando mi chiederai
chi è che ti chiama,
chi ti vuole sua,
sotterrerò i nomi,
le pergamene, la storia.
Comincerò a distruggere quanto
m'hanno gettato addosso
da prima ancora ch'io nascessi.
E ritornato ormai
all'eterno anonimato
del nudo, della pietra, del mondo,
ti dirò:
«Io ti voglio, sono io».

Pedro Salinas
(poeta spagnolo, 1891 – 1951)

Proverbi dall'inferno

Nel tempo della semina impara, in quello del raccolto insegna, d'inverno godi.
Guida il tuo carro ed il tuo aratro sopra le ossa dei morti.
La strada dell'eccesso porta al palazzo della saggezza.
La prudenza è una ricca e ripugnante vecchia zitella corteggiata dall'incapacità.
Chi desidera, ma non agisce, nutre la pestilenza.
Il verme tagliato perdona l'aratro.
Butta nel fiume chi ama l'acqua.
Lo stolto non vede lo stesso albero del saggio.
Chi non ha luce in viso, mai potrà essere stella.
L'eternità è innamorata dei prodotti del tempo.
L'ape indaffarata non ha tempo per essere triste.
Le ore della follia sono misurate dall'orologio, quelle della saggezza nessun orologio le può misurare.
Il cibo sano lo si prende senza reti né trappole.
Numeri, pesi e misure rendili noti in un anno di carestia.
Nessun uccello vola troppo alto se vola con le sue ali.
Un cadavere non vendica le offese.
Il gesto più sublime è porre un altro davanti a se.
Se lo stolto perseverasse nella sua follia diventerebbe saggio.
La follia è la maschera del furfante.
La vergogna è la maschera dell'orgoglio.
Le prigioni sono costruite dalle pietre della legge, i bordelli con i mattoni della religione.
L'orgoglio del pavone è la gloria di Dio.
La libidine del dissoluto è la generosità di Dio.
La collera del leone è la saggezza di Dio.
La nudità della donna è l'opera di Dio.
L'eccesso di dolore ride. L'eccesso di gioia piange.
Il ruggito dei leoni, l'ululato dei lupi, la furia del mare in tempesta, e la spada distruttrice, sono porzioni di eternità troppo grandi per l'occhio umano.
La volpe condanna la trappola, non se stessa.
Le gioie impregnano. I dolori buttano fuori.
L'uomo indossi la pelle del leone, la donna il vello della pecora.
All'uccello un nido, al ragno una tela, all'uomo l'amicizia.
Il pazzo egoista e sorridente e il pazzo scontroso e corrucciato saranno entrambi ritenuti saggi, perchè possono servire da frusta.
Ciò che oggi si prova fu un tempo solo immaginato.
Il topo, il gatto, la volpe, il coniglio guardano le radici; il leone, la tigre, il cavallo, l'elefante guardano i frutti.
La cisterna trattiene; la fontana inonda.
Un pensiero riempie l'immensità.
Sii sempre pronto a dire ciò che pensi, e il meschino ti eviterà.
Tutto ciò che è possibile credere è un'immagine della verità.
L'aquila non perse mai tanto tempo come quando si sottomise alla scuola del corvo.
La volpe provvede a se, ma Dio provvede al leone.
Al mattino pensa, a mezzogiorno agisci, alla sera mangia, quando è notte dormi.
Colui che ti ha permesso di fargli un torto ti conosce.
Come l'aratro segue le parole, così Dio esaudisce le preghiere.
Le tigri della collera sono più sagge dei cavalli dell'istruzione.
Aspettati veleno dall'acqua stagnante.
Non potrai mai sapere che cosa è abbastanza se non saprai che cosa è più che abbastanza.
Ascolta il rimprovero dello stolto: è un titolo da re!
Gli occhi di fuoco, le narici di aria, la bocca d'acqua, la barba di terra.
Il debole nel coraggio è forte nell'astuzia.
Il melo non chiederà mai al faggio come crescere, ne il leone al cavallo come catturare la preda.
Chi riceve con gratitudine produce un raccolto abbondante.
Se altri non fossero stati pazzi, dovremmo esserlo noi.
L'anima della dolce gioia, non potrà mai essere insozzata.
Quando vedi un'aquila, vedi una porzione di Genio: alza la testa!
Come un bruco sceglie le foglie più belle per deporvi le sue uova, così il prete pone la sua maledizione sulle gioie più belle.
Creare un piccolo fiore è lavoro di secoli.
Maledire rinforza: benedire rilassa.
Il vino migliore è il più vecchio, l'acqua migliore è la più nuova.
Le preghiere non arano! Le lodi non mietono! Le gioie non ridono! I dolori non piangono!
La testa Sublimità, il cuore Pathos, i genitali Bellezza, le mani e i piedi Proporzione.
Come l'aria per l'uccello, come il mare per il pesce, così il disprezzo per l'uomo spregevole.
Il corvo vorrebbe che ogni cosa fosse nera, il gufo che ogni cosa fosse bianca.
L'Esuberanza è Bellezza.
Se il leone ricevesse consigli dalla volpe, diventerebbe furbo.
Le migliorie raddrizzano le strade, ma le strade tortuose senza migliorie sono le strade del Genio.
Meglio uccidere un bimbo in una culla che nutrire aspirazioni impossibili.
Dove non c'è l'uomo la natura è sterile.
Se la verità è detta in modo da essere compresa, sarà anche creduta.
Abbastanza! Oppure Troppo.

William Blake
(poeta inglese, 1757 -1827)