venerdì 18 gennaio 2013

A uno sconosciuto

Sconosciuto che passi, tu ignori con quale desiderio ti seguo degli occhi,
Devi essere colui che cercavo, o colei che cercavo (lo sento siccome in un sogno),
In qualche luogo di certo ho trascorso con te una vita di gioia,
Tutto ricordo, l’istante che ci incrociammo, mutevoli, amanti, casti, maturi,
Tu sei cresciuto con me, sei stato fanciullo, fanciulla con me,
Io ho mangiato con te, ho dormito con te, il tuo corpo non più solo tuo ha lasciato il mio corpo non più solo mio,
Tu m’offri il piacere, passando, degli occhi, del volto, della tua carne, e in cambio derivi piacere dalla mia barba, dal petto, e dalle mie mani.
Io non ti devo parlare, devo pensarti allorquando son solo, o solitario mi sveglio di notte,
E devo attendere, perché non dubito che torneremo a incontrarci,
E allora dovrò fare in modo di non perderti più.

Walt Whitman
(poeta americano, 1819 – 1892)

L'amore

Perché l’amore è come un albero: cresce da solo,
spinge profondamente le sue radici in tutto il nostro essere,
e spesso continua a verdeggiare sopra un cuore in rovina.
E l’inesplicabile è questo:
che più questa passione è cieca, più è tenace.
Non è mai tanto solida
come quando non ha in sé nessuna ragione.

Victor Hugo
(poeta francese, 1802 – 1885)

Per tutte le violenze consumate su di lei

Per tutte le violenze consumate su di Lei,
per tutte le umiliazioni che ha subito,
per il suo corpo che avete sfruttato,
per la sua intelligenza che avete calpestato,
per l’ignoranza in cui l’avete lasciata,
per la libertà che le avete negato,
per la bocca che le avete tappato,
per le ali che le avete tagliato,
per tutto questo:
in piedi Signori,
davanti a una Donna!

William Shakespeare
(poeta inglese, 1564 – 1616)

Se non sono mai tornata

Se non sono mai tornata
è perché non sono mai partita.
Il mio continuo viaggiare
è stato un eterno restare qua,
dove non sono stata mai.

Wisława Szymborska
(poetessa polacca, 1923 – 2012)

Forse le nostre ansie

Forse le nostre ansie 
non hanno lettori. 
Forse la strada è sbagliata fin dall’ inizio 
e sbagliata sarà anche alla fine. 
Forse le lanterne, che ad una ad una accendiamo, 
il vento una ad una le spegnerà. 
Forse bruciamo la vita per illuminare gli altri 
e non abbiamo fuoco per riscaldare noi stessi. 
Forse, quando tutte la lacrime saranno versate, 
la terra sarà più fertile. 
Forse noi cantiamo il sole 
e dal sole siamo cantati. 
Forse, più grande è il peso sulle spalle, 
più alta torreggia la fede. 
Forse gridiamo contro tutte le sofferenze, 
ma sulle personali sventure non possiamo che 
tacere. 
Forse 
per un irresistibile richiamo 
non abbiamo altra scelta. 

Shu Ting
(poeta cinese, 1952)

Noi siamo i vinti

Noi siamo i vinti.
Noi che non sappiamo amare e viviamo di sogni
e il tempo dell’illusione svanisce
lasciandoci tentennanti del nostro dolore.
Noi che affidiamo ogni nostra decisione
al bizzarro rotolare di una moneta
incapaci di ergerci.
Noi siamo i vinti
che ci crogioliamo nella nostra malinconia
e ci inebriamo di dolcezze struggenti,
nel pensiero del passato e del futuro.
Sì, noi che ancora non abbiamo capito
che Dio è dalla nostra parte
e non nutriamo speranza.

Pier Vittorio Tondelli
(scrittore italiano, 1955 – 1991)

L'unica ossessione che vogliono tutti


L’unica ossessione che vogliono tutti:
l‘amore.
Cosa crede, la gente,
che basti innamorarsi per sentirsi completi?
La platonica unione delle anime?
Io la penso diversamente.
Io credo che tu sia completo prima di cominciare.
E l’amore ti spezza.
Tu sei intero, e poi ti apri in due.

Philip Roth
(scrittore statunitense, 1933)

Da me ci sono due porte

Da me ci sono due porte, una per entrare e una per uscire.
Rigorosamente divise.
Dalla porta d’ingresso non si può uscire, e da quella di uscita non si può entrare.
Tutti seguono questa regola.
Possono variare le modalità, ma tutti finiscono per andare via.
C’è chi è andato via per sperimentare nuove possibilità, chi per risparmiare tempo.
Qualcuno è morto.
Fatto sta che non è rimasto nessuno. Tranne me, unico superstite.
La loro assenza è sempre con me.
Le loro parole, i loro respiri, i motivi canticchiati a bassa voce, aleggiano come polvere negli angoli di casa mia.
Ho il sospetto che l’immagine che avevano di me fosse proprio quella giusta.
Per questo sono venuti tutti qui da me e per questo alla fine sono andati via.
Hanno riconosciuto in me una certa integrità, il mio impegno per mantenerla.
Hanno cercato di parlare con me, di aprirmi il loro cuore.
Erano quasi tutte persone generose.
Ma io non sono riuscito a dar loro niente, o troppo poco, nonostante i miei sforzi.
Ho fatto quel che ho potuto.
Anch’io cercavo qualcosa in loro.
Non ha funzionato, e così se ne sono andate.
Inutile dire che è stato doloroso.
Ma la cosa più dolorosa era il fatto che loro lasciassero la mia casa più tristi di quando erano arrivate.
Come se nel frattempo qualcosa in loro si fosse logorato.
Me ne rendevo conto.
È strano, ma ne uscivano sempre più segnate di me.
Perché? Perché alla fine rimanevo sempre solo?
Perché alla fine le mie mani stringevano solo ombre?

Murakami Haruki
(scrittore giapponese, 1949)


Un amore felice

Un amore felice. È normale?
è serio? è utile?
Che se ne fa il mondo di due esseri
che non vedono il mondo?
Innalzati l’uno verso l’altro senza alcun merito,
i primi qualunque tra un milione, ma convinti
che doveva andare così – in premio di che? Di nulla;
la luce giunge da nessun luogo -
perché proprio su questi e non su altri?
Ciò offende la giustizia? Sì.
Ciò infrange i principi accumulati con cura?
Butta giù la morale dal piedistallo? Sì, infrange e butta giù.
Guardate i due felici:
se almeno dissimulassero un po’,
si fingessero depressi, confortando così gli amici!
Sentite come ridono – è un insulto.
In che lingua parlano -
comprensibile all’apparenza.
E tutte quelle loro cerimonie, smancerie,
quei bizzarri doveri reciproci che si inventano -
sembra un complotto contro l’umanità!
E’ difficile immaginare dove si finirebbe
se il loro esempio fosse imitabile.
Su cosa potrebbero contare religioni, poesie,
di che ci si ricorderebbe, a che si rinuncerebbe,
chi vorrebbe restare più nel cerchio?
Un amore felice. Ma è necessario?
Il tatto e la ragione impongono di tacerne
come d’uno scandalo nelle alte sfere della Vita.
Magnifici pargoli nascono senza il suo aiuto.
Mai e poi mai riuscirebbe a popolare la terra,
capita, in fondo, di rado.
Chi non conosce l’amore felice
dica pure che in nessun luogo esiste l’amore felice.
Con tale fede gli sarà più lieve vivere e morire.

Wislawa Szymborska
(poetessa polacca, 1923 – 2012)

...

Tesoro, questa sarà un’estate particolare.
E non per l’eclissi, non per la fine del mondo
che tanto non ci sarà.
Il guaio è che non siamo vecchi abbastanza
per rimpiangere la felicità,
né giovani quanto basta per essere sicuri
che oggi no, domani forse,
ma dopodomani sicuramente.
In ogni caso, ne abbiamo di energia da vendere,
noi, e fegato a iosa e denti
che possono benissimo
sostituire l’aquila del mito.
Tanto il fegato si rigenera,
e quanto all’energia
quella che circola nell’universo
è sempre la stessa.
E ne abbiamo da dire a quelli che hanno vent’anni
sulla passione e sull’amore
appeso al trillo di un cellulare
e sulle scopate una dopo l’altra
che ti ritrovi a sentire
che l’abitudine è un’invenzione dei preti,
degli impotenti, dei mariti e delle mogli,
di gente tutta cioè che passa il tempo ripetendosi
c’era un tempo, c’era un tempo.
Bene, in un mondo del genere,
io non ho nulla da fare.
Ti ho incontrata, e chiamato Beatrice.
Che ti chiamassi davvero così, è solo un caso.
O una coincidenza.
Ce l’ho messa tutta per amarti.
Ma ciò che ho fatto non basta.
Tu stessa hai fatto lo stesso.
E anche questo non basta.
C’è sempre qualcosa ancora da fare
in situazioni così.
Per esempio, chiedersi se si è teneri abbastanza.
E duri, quanto occorre per non convincersi
che la felicità è un diritto in stretta relazione
con il dna o con i coglioni.
E stupirsi che l’altro ci respiri sulle labbra.
E ci dica buongiorno e prepari il caffé.
E venga a passare l’estate nello stesso mare.
E ci faccia un pompino
o ce lo infili dicendoci ti amo.
Bene, noi non siamo folli,
né santi, o pervertiti e ciarlatani.
Io e te non siamo di quelli
che se ne vanno in giro
a giurare di non aver mai deluso nessuno
e di provare ancora gusto a vivere come si vive.
Abbiamo avuto ciò che volevamo,
e al prezzo giusto che hanno certe cose.
Ed ora eccoci qua, con questa nave che parte
alle ventuno in punto,
e questa estate particolare
che promette d’essere generosa
di struggimenti e desideri.
E la paura di vivere troppo.
Di morire
senza avere avuto il tempo di dirci
ciò che era necessario dirci
prima che la nave partisse.

Luther Blissett

Non sono né un artista né un poeta

Non sono né un artista né un poeta.
Ho trascorso i miei giorni dipingendo,
ma non sono in sintonia
con i miei giorni e le mie notti.
Sono una nube,
una nube che si confonde con gli oggetti,
ma ad essi mai si unisce.
Sono una nube,
e nella nube è la mia solitudine,
la mia fame e la mia sete.
La calamità è che la nube,
la mia realtà, anela di udire qualcun altro che dica:
“Non sei solo in questo mondo ma siamo due,
insieme,
e io so chi sei tu.

Kahlil Gibran
(poeta libanese, 1883 – 1931)

Fui un cercatore

Fui un cercatore e ancora lo sono, ma non cerco più negli astri e nei libri;
incomincio a udire gli insegnamenti che fervono nel mio sangue.
La mia storia non è amena, non è dolce e armoniosa come le storie inventate,
sa di stoltezza e confusione, di follia e sogno,
come la vita di tutti gli uomini che non intendono più mentire a se stessi.

Hermann Hesse
(poeta tedesco, 1877 – 1962)

...

Mi è capitato molte volte di vedere persone “troppo sensibili” ferire gli altri senza alcuna necessità.
E ho visto anche persone “sincere e aperte” usare la logica per imporre i propri interessi, senza neanche esserne consapevoli.
Ho visto infine persone “brave a leggere nel cuore degli uomini” lasciarsi ingannare senza sforzo da adulatori visibilmente insinceri.
A questo punto mi sembra naturale chiedersi cosa ognuno di noi alla fin fine conosca di se stesso…

Haruki Murakami
(scrittore giapponese, 1949)

La tua assenza

La tua assenza
giunge sempre a testa bassa
vaga come al solito per le stanze
prima di chiedere la cena e il caffè
si accerta che i piccoli siano dentro di me
e il perdono
dietro le mie orecchie
poi si affaccia al balcone
e caccia gli angeli che si sono accalcati dietro le finestre
ogni volta
solleva il soffitto di qualche centimetro
e non fa nulla.
Ho forse detto che viene a testa bassa?
Forse ho esagerato un po’
la tua assenza non viene
è qui.

Fatima Naoot
(poetessa egiziana, 1964)

Bello è nascosti sentirsi cercare

Bello è, nascosti, sentirsi cercare!
Più bello essere trovati,
se è questo che vogliamo e della volpe
è degno il cane.
Bene sapere e non dire,
meglio sapere e dire,
se puoi trovare quell’orecchio raro
che ti comprenda.

Emily Dickinson
(poetessa statunitense, 1830 – 1886)

Quelli come te

Quelli come te, che hanno due sangui diversi nelle vene,
non trovano mai riposo né contentezza;
e mentre sono là, vorrebbero trovarsi qua,
e appena tornati qua, subito hanno voglia di scappar via.
Tu te ne andrai da un luogo all’altro,
come se fuggissi di prigione, o corressi in cerca di qualcuno;
ma in realtà inseguirai soltanto le sorti diverse che si mischiano nel tuo sangue,
perché il tuo sangue è come un animale doppio,
è come un cavallo grifone, come una sirena.
E potrai anche trovare qualche compagnia di tuo gusto,
fra tanta gente che s’incontra al mondo;
però, molto spesso, te ne starai solo.
Un sangue-misto di rado si trova contento in compagnia:
c’è sempre qualcosa che gli fa ombra,
ma in realtà è lui che si fa ombra da se stesso,
come il ladro e il tesoro, che si fanno ombra uno con l’altro.

Elsa Morante
(poetessa italiana, 1912 – 1985)

...

Nella vita vera non posso cancellare,
tornare indietro, ripensare a quello che ho detto,
correggerlo.
Allora scrivo.
Per prendermi la rivincita sulle parole.
Per raccontare come sarebbe andata
se avessi scelto quelle giuste.

Diego De Silva
(scrittore italiano, 1964)

...


Dall’immagine tesa
vigilo l’istante
con imminenza di attesa –
e non aspetto nessuno:
nell’ombra accesa
spio il campanello
che impercettibile spande
un polline di suono –
e non aspetto nessuno:
fra quattro mura
stupefatte di spazio
più che un deserto
non aspetto nessuno:
ma deve venire;
verrà, se resisto,
a sbocciare non visto,
verrà d’improvviso,
quando meno l’avverto:
verrà quasi perdono
di quanto fa morire,
verrà a farmi certo
del suo e mio tesoro,
verrà come ristoro
delle mie e sue pene,
verrà, forse già viene
il suo bisbiglio.
No, non t’avvicinare!
È meglio da lontano
ch’io li ami e desideri i tuoi occhi
solo quando si attende
appare bella la felicità,
e non cercata ci manda un suo cenno.
No, non t’avvicinare!
È molto più suadente
questo fremito dolce di paura e d’attesa
ed è molto più bello
ciò che a lungo s’insegue
e il suo presentimento che ci turba.
No, non t’avvicinare!
Perché farlo e a che scopo?
Soltanto da lontano tutto splende
come una stella, tutto
ci incanta da lontano.
No, non avvicinarmeli i tuoi occhi.

Desanka Maksimovic
(poetessa serba, 1898 – 1993)

giovedì 17 gennaio 2013

Il potere dei poeti



Il potere dei poeti è molto esiguo:
un foglio bianco, molta solitudine,
qualche strappo al cuore,
e una guerra o due.

Alda Merini
(poetessa italiana, 1931 – 2009)

Lei desiderava un sorriso

Lei desiderava un sorriso.
Una musica muta.
Una riva di mare. Per bagnarsi.
Il suo amore impossibile.
I suoi piedi nudi e piagati.
I suoi meschini capelli.
Lei ignorava che il ricordo
è un ferro piantato alla porta.
Non sapeva nulla.
Della perfezione del passato,
del massacro delle notti solitarie.
Non sapeva che il più grande desiderio
è un niente che s’inventa stranissime cose.

Alda Merini
(poetessa italiana, 1931 – 2009)

Stanchezza

Quello che c’è in me è soprattutto stanchezza
non di questo o di quello
e neppure di tutto o di niente:
stanchezza semplicemente, in sé,
stanchezza.
La sottigliezza delle sensazioni inutili,
le violente passioni per nulla,
gli amori intensi per ciò che si suppone in qualcuno,
tutte queste cose -
queste e ciò che manca in esse eternamente -
tutto ciò produce stanchezza,
questa stanchezza,
stanchezza.
C’è senza dubbio chi ama l’infinito,
c’è senza dubbio chi desidera l’impossibile,
c’è senza dubbio chi non vuole niente -
tre tipi di idealisti, e io nessuno di questi:
perchè io amo infinitamente il finito,
perchè io desidero impossibilmente il possibile,
perchè voglio tutto, o ancora di più, se può essere,
o anche se non può essere…
E il risultato?
Per loro la vita vissuta o sognata,
per loro il sogno sognato o vissuto,
per loro la media fra tutto e niente, cioè la vita…
Per me solo una grande, una profonda,
e, ah, con quale felicità, infeconda stanchezza,
una supremissima stanchezza,
issima, issima, issima,
stanchezza…

Alvaro de Campos
(Fernando Pessoa, poeta portoghese, 1890 – 1935)

...

Uno si costruisce grandi storie,
questo è il fatto, e può andare avanti anni a crederci,
non importa quanto pazze sono, e inverosimili,
se le porta addosso, e basta.
Si è anche felici, di cose del genere.
Felici. E potrebbero non finire mai.
Poi, un giorno, succede che si rompe qualcosa,
nel cuore del gran marchingegno fantastico,
tac, senza nessuna ragione,
si rompe d’improvviso e tu rimani lì,
senza capire come mai
tutta quella favolosa storia non ce l’hai più addosso,
ma davanti,
come fosse la follia di un altro,
e quell’altro sei tu.
Tac. Alle volte basta un niente.
Anche solo una domanda che affiora.
Basta quello.

Alessandro Baricco
(scrittore italiano, 1958)

La fame sono io

La fame sono io.
Per fame, intendo quel buco spaventoso
di tutto l’essere, quel vuoto che attanaglia,
quella aspirazione non tanto all’utopica pienezza
quanto alla semplice realtà:
là dove non c’è niente,
imploro che vi sia qualcosa.

Amélie Nothomb
(scrittrice belga, 1966)

Alda Merini

Amai teneramente dei dolcissimi amanti
senza che essi sapessero mai nulla.
E su questi intessei tele di ragno
e fui preda della mia stessa materia.
In me l’anima c’era della meretrice
della santa della sanguinaria e dell’ipocrita.
Molti diedero al mio modo di vivere un nome
e fui soltanto una isterica.

Alda Merini
(poetessa italiana, 1931 – 2009)

Siamo in piedi


Siamo in piedi, rigidi e dimenticati
sull’orlo di un precipizio selvaggio,
l’uno all’altra attaccati;
né un lamento, lacrima o parola:
per precipitare basta una mossa.
Come legami di carne e sangue
ci proteggono le nostre labbra,
blu e tremanti, ci tengono attaccati.
Finché mi baci non abbiamo parole,
ma di’ una parola e cadiamo entrambi.

Ady Endre
(poeta ungherese, 1877 – 1919)

Meglio di mille vuote parole

Meglio di mille vuote parole
è una sola parola di pace.

Meglio di mille inutili versi
è un solo verso di pace.

Meglio di cento frasi fasulle
è una parola del dharma
che porta la pace.

Meglio vincere se stessi
che mille battaglie
contro mille uomini.

Il dominio di sé
è la vittoria più grande.

(tratto da “Dhammapada”, III sec. a.C.)

Per vivere non voglio

Per vivere non voglio
isole, palazzi, torri.
Che altissima allegria:
vivere nei pronomi!
Getta via i vestiti,
i connotati, i ritratti;
non ti voglio così,
travestita da altra
figlia sempre di qualcosa.
Ti voglio libera, pura,
irriducibile: tu.
Quando ti chiamerò, so bene,
fra tutte le genti
del mondo,
solo tu sarai tu.
E quando mi chiederai
chi è che ti chiama,
chi ti vuole sua,
sotterrerò i nomi,
le pergamene, la storia.
Comincerò a distruggere quanto
m'hanno gettato addosso
da prima ancora ch'io nascessi.
E ritornato ormai
all'eterno anonimato
del nudo, della pietra, del mondo,
ti dirò:
«Io ti voglio, sono io».

Pedro Salinas
(poeta spagnolo, 1891 – 1951)

Proverbi dall'inferno

Nel tempo della semina impara, in quello del raccolto insegna, d'inverno godi.
Guida il tuo carro ed il tuo aratro sopra le ossa dei morti.
La strada dell'eccesso porta al palazzo della saggezza.
La prudenza è una ricca e ripugnante vecchia zitella corteggiata dall'incapacità.
Chi desidera, ma non agisce, nutre la pestilenza.
Il verme tagliato perdona l'aratro.
Butta nel fiume chi ama l'acqua.
Lo stolto non vede lo stesso albero del saggio.
Chi non ha luce in viso, mai potrà essere stella.
L'eternità è innamorata dei prodotti del tempo.
L'ape indaffarata non ha tempo per essere triste.
Le ore della follia sono misurate dall'orologio, quelle della saggezza nessun orologio le può misurare.
Il cibo sano lo si prende senza reti né trappole.
Numeri, pesi e misure rendili noti in un anno di carestia.
Nessun uccello vola troppo alto se vola con le sue ali.
Un cadavere non vendica le offese.
Il gesto più sublime è porre un altro davanti a se.
Se lo stolto perseverasse nella sua follia diventerebbe saggio.
La follia è la maschera del furfante.
La vergogna è la maschera dell'orgoglio.
Le prigioni sono costruite dalle pietre della legge, i bordelli con i mattoni della religione.
L'orgoglio del pavone è la gloria di Dio.
La libidine del dissoluto è la generosità di Dio.
La collera del leone è la saggezza di Dio.
La nudità della donna è l'opera di Dio.
L'eccesso di dolore ride. L'eccesso di gioia piange.
Il ruggito dei leoni, l'ululato dei lupi, la furia del mare in tempesta, e la spada distruttrice, sono porzioni di eternità troppo grandi per l'occhio umano.
La volpe condanna la trappola, non se stessa.
Le gioie impregnano. I dolori buttano fuori.
L'uomo indossi la pelle del leone, la donna il vello della pecora.
All'uccello un nido, al ragno una tela, all'uomo l'amicizia.
Il pazzo egoista e sorridente e il pazzo scontroso e corrucciato saranno entrambi ritenuti saggi, perchè possono servire da frusta.
Ciò che oggi si prova fu un tempo solo immaginato.
Il topo, il gatto, la volpe, il coniglio guardano le radici; il leone, la tigre, il cavallo, l'elefante guardano i frutti.
La cisterna trattiene; la fontana inonda.
Un pensiero riempie l'immensità.
Sii sempre pronto a dire ciò che pensi, e il meschino ti eviterà.
Tutto ciò che è possibile credere è un'immagine della verità.
L'aquila non perse mai tanto tempo come quando si sottomise alla scuola del corvo.
La volpe provvede a se, ma Dio provvede al leone.
Al mattino pensa, a mezzogiorno agisci, alla sera mangia, quando è notte dormi.
Colui che ti ha permesso di fargli un torto ti conosce.
Come l'aratro segue le parole, così Dio esaudisce le preghiere.
Le tigri della collera sono più sagge dei cavalli dell'istruzione.
Aspettati veleno dall'acqua stagnante.
Non potrai mai sapere che cosa è abbastanza se non saprai che cosa è più che abbastanza.
Ascolta il rimprovero dello stolto: è un titolo da re!
Gli occhi di fuoco, le narici di aria, la bocca d'acqua, la barba di terra.
Il debole nel coraggio è forte nell'astuzia.
Il melo non chiederà mai al faggio come crescere, ne il leone al cavallo come catturare la preda.
Chi riceve con gratitudine produce un raccolto abbondante.
Se altri non fossero stati pazzi, dovremmo esserlo noi.
L'anima della dolce gioia, non potrà mai essere insozzata.
Quando vedi un'aquila, vedi una porzione di Genio: alza la testa!
Come un bruco sceglie le foglie più belle per deporvi le sue uova, così il prete pone la sua maledizione sulle gioie più belle.
Creare un piccolo fiore è lavoro di secoli.
Maledire rinforza: benedire rilassa.
Il vino migliore è il più vecchio, l'acqua migliore è la più nuova.
Le preghiere non arano! Le lodi non mietono! Le gioie non ridono! I dolori non piangono!
La testa Sublimità, il cuore Pathos, i genitali Bellezza, le mani e i piedi Proporzione.
Come l'aria per l'uccello, come il mare per il pesce, così il disprezzo per l'uomo spregevole.
Il corvo vorrebbe che ogni cosa fosse nera, il gufo che ogni cosa fosse bianca.
L'Esuberanza è Bellezza.
Se il leone ricevesse consigli dalla volpe, diventerebbe furbo.
Le migliorie raddrizzano le strade, ma le strade tortuose senza migliorie sono le strade del Genio.
Meglio uccidere un bimbo in una culla che nutrire aspirazioni impossibili.
Dove non c'è l'uomo la natura è sterile.
Se la verità è detta in modo da essere compresa, sarà anche creduta.
Abbastanza! Oppure Troppo.

William Blake
(poeta inglese, 1757 -1827)

Corro

Corro portando tra le mani come un carbone acceso
l'istante che agonizza. Insieme a me se ne vanno le stelle
e questo mulinello di materia intorno al niente.
Con i palmi ardenti ho trasportato il gioiello dal remoto
per offrirtelo come uno specchio: quello che vedi non è il tuo viso
ma un fiume in piena che si porta tutte le anime
tranne la tua e la mia. Il nostro incontro ci ha lasciato fuori
dallo spazio, dal tempo e da noi stessi.
Siamo definitivamente l'istante che non muore.

Alejandro Jodorowsky 
(poeta cileno, 1929)

...

Scrivo quando la passione
mi travolge l’anima
e non posso acchiapparla
con le mani.
Essa vuole scappare
correre in turbinii
con il vento.
Allora, con le dita
trasferisco sulla carta
i sentimenti,
le paure, gli amori
le inquietudini,
tutto in bianco e nero,
e torno ad essere
ancora una volta
la più imperterrita
delle statue.

Adriana Alarco de Zadra
(poetessa peruviana, 1937)

Inno a Iside

Perché io sono la prima e l'ultima
Io sono la venerata e la disprezzata
Io sono la prostituta e la santa,
Io sono la sposa e la vergine,
Io sono la madre e la figlia,
Io sono le braccia di mia madre,
Io sono la sterile, eppure sono numerosi i miei figli,
Io sono la donna sposata e la nubile,
Io sono Colei che dà alla luce e Colei che non ha mai partorito,
Io sono la consolazione dei dolori del parto.
Io sono la sposa e lo sposo,
E fu il mio uomo che nutrì la mia fertilità,
Io sono la Madre di mio padre,
Io sono la sorella di mio marito,
Ed egli è il mio figliolo respinto.
Rispettatemi sempre,
Poiché io sono la Scandalosa e la Magnifica.

(Anonimo, III- IV secolo avanti Cristo)

L'attaccapanni


Mi sono affezionata all’attaccapanni
perché riceve con umiltà
la tua giacca, la tua camicia, i tuoi pantaloni.
E’ il mio complice più fedele
perché bada con zelo ai tuoi abiti quando mi ami.
Non dice che li accarezzo mentre dormi
né che alle loro asole abbottono i miei sogni.
L’attaccapanni soffre con me
se stacchi i tuoi indumenti per andartene
a camminare senza grinze per le strade.

Lucía Rivadeneyra
(poetessa messicana, 1957)